«Pogacar potrebbe prendere la Maglia Gialla già nelle prime tappe, magari a Bologna, sul San Luca». Parole di Francesco Moser che ieri a Palazzo Galli Palabanca di Piacenza è stato protagonista di un talk show organizzato nell’ambito delle iniziative legate alla Grand Depart.
L’ex professionista trentino ha aggiunto: «Il duello per la vittoria finale sarà tra Pogacar e Vingegaard, anche se la condizione del danese è un po’ un’incognita. Non credo che Jonas nelle prime tappe impensierirà Tadej, se sarà in forma lo vedremo attaccare sulle grandi salite».
Moser ha poi continuato l’analisi e il confronto tra i due favoriti della Grande Boucle: «Vingegaard ha maggiori doti da scalatore mentre Pogacar è un atleta completo, vince le classiche, le cronometro, attacca da lontano».
Inevitabile il paragone tra il leader della UAE Team Emirates e Merckx «Forse Pogacar fa meno fatica a vincere e a fare le azioni che fa rispetto a Eddy. Il belga dava tutto, Tadej sembra che giochi, che sia in allenamento» ha affermato Moser rispondendo al collega Dario Ceccarelli che moderava il dibattito.
Il campione di Palù di Giovo è poi tornato con la memoria al Tour de France del 1975 quando, proprio in Belgio, batté Merckx nel prologo di Charleroi e indossò la Maglia Gialla: «Il percorso di quel prologo proponeva dei tratti in pavé, delle salitelle e delle discese, non avevo certo timore di tracciati così e quindi sono partito per vincere e ci sono riuscito. Ho battuto il Cannibale “in casa” per due secondi e tenuto la Maglia per diverse tappe, fino alla cronometro successiva».
L’incontro piacentino è stato occasione anche per parlare del ciclismo italiano dei giorni d’oggi. «A questa edizione della Grande Boucle ci sarà Bettiol che ha vinto il Campionato Italiano come feci io nel 1975, mi auguro che possa essere protagonista e con lui anche Ciccone. Però, rispetto ai miei tempi, il nostro ciclismo ha fatto diversi passi indietro, la motivazione principale è che manca un team italiano nella massima categoria e questo danneggia il nostro movimento. La riforma del ciclismo ha introdotto squadre di venticinque corridori che hanno costi di gestione enormi» ha affermato Moser. Poi ha aggiunto: «C’è anche una grande confusione, le squadre Continental non si capisce cosa sono, un po’ dilettanti, un po’ Professionisti, ai miei tempi la divisione tra le categorie era netta».
Francesco Moser ha affrontato il tema della tecnologia in gruppo: «Oggi il ciclismo è molto più tecnologico rispetto ai miei anni, le biciclette sono più leggere, i materiali più performanti, è stato introdotto il cambio elettronico. Va aggiunto che le tappe e le corse in generale sono più corte, le velocità certamente più alte così come le medie finali. Si presta molta attenzione alla preparazione fisica, alla alimentazione e ai dati. Oggi un corridore deve sapere usare la tecnologia e il computer per allenarsi».
E ancora: «Nel ciclismo moderno gli atleti vengono comandati dalle ammiraglie attraverso le radioline. Con la televisione in auto i direttori vedono tutto e se i loro corridori non sono davanti continuano a incitarli al microfono per risalire posizioni. Lo spazio in gruppo però è quello, tutti non ci stanno e allora si cade. Io penso che non mi sarei lasciato comandare così, e forse neanche Van Aert, Van der Poel e Pogacar oggi lo fanno».
Infine Moser ha dichiarato: «A volte mi chiedono se rifarei il corridore. È una domanda che ogni tanto mi faccio anche io e, sapendo quanto è difficile la vita da ciclista, quanti sacrifici e quanti rischi si corrono, rispondere è sempre complicato».