Orfeo Pasotti e Biagio Tarìn custodivano un segreto. Dei tempi in cui correvano. Orfeo velocista, Biagio gregario. Biagio che gli tirava la volata, Orfeo che spesso vinceva. Finché la penultima tappa del Giro d’Italia 1978, da Brescia a Inverigo, piatta come un tavolo da biliardo, a pochi chilometri dall’arrivo, e l’arrivo se lo sarebbero giocato allo sprint, i due scivolarono e si ritirarono. Per sempre. Le bici al chiodo.
Ma adesso che Orfeo è morto, Biagio è costretto a ripercorrere quel segreto, quella caduta, quel ritiro e quell’ultima fuga. Non proprio ciclistica. Ma circense. Circo Togni. E il numero, straordinario, di una funambola che giocava con l’altezza, con il vuoto, con un filo, quasi volando da una parte all’altra, prima correndo, poi saltando, salto mortale e doppio salto mortale, un’acrobazia, una magia - folle folletto - che su una fune non si era mai vista. Alla fine dello spettacolo, Orfeo voleva complimentarsi con la funambola, Biagio dubitava, indugiava, tentennava. Infine rinunciarono. Magari disturbiamo, si dissero.
“Magari disturbiamo” è un preziosissimo libriccino pubblicato dal Corriere della Sera nella collana “Inediti d’autore” nel 2011 e inaspettatamente emerso in una bancarella dell’usato. Lo ha scritto Matteo Colombo, giornalista, scrittore, autore radiofonico, docente in scrittura creativa. E “Magari disturbiamo” gli valse il primo premio al laboratorio di scrittura “Io scrivo” proposto dal “Corriere”.
“Dieci anni ruota a ruota”, Orfeo e Biagio. Biagio davanti e Orfeo dietro. “Era la mia ombra fino a cento, novanta, ottanta, settanta, sessanta, cinquanta, quaranta, trenta, venti metri dall’arrivo”, “Il più veloce del mondo in quell’ultimo sputo di corsa, nel quale sprigionava, dirompente, l’energia accumulata per chilometri e chilometri”, “Uno che la gente, quando passavamo in mezzo ai paesi, veniva ad ammirare lasciando a metà ciò che stava facendo: la pastasciutta, una partita a carte, il letto ancora caldo e la faccia esterrefatta di una donna svestita che si sentiva crollare il mondo addosso”, finché “Restavamo soli: io davanti e lui dietro. Attorno una compagine di corridori rivali. Si aumentava il ritmo. Stantuffavano tutti, sgomitavano, bestemmiavano, saltavano le catene, il fuggitivo veniva risucchiato dal grande animalone che buttava fuori fumo”.
Biciclette e borracce, vialoni e volatone: ciclismo. Ma anche ciglia e lustrini, scollature e unghie rosse: circo. E un mistero, quasi un giallo, quel segreto rimasto nella memoria e sulla coscienza del gregario. Un racconto sentimentale, sorprendente, rotondo.