Ieri erano cinque anni da quel maledetto 22 aprile, ieri era un anno da quel maledetto 22 aprile. Sì, perché Michele e Silvia hanno in comune due grandi cose: l’amore sconfinato per la vita e la bicicletta ed anche la data in cui un’auto ha fatto finire la loro esistenza mentre si stavano allenando.
Michele Scarponi, il campione morto a 37 anni nella sua Filottrano a un chilometro da casa centrato da un’auto, peraltro guidata da un suo grande tifoso che se n’è andato un anno dopo in una tragedia nella tragedia, e Silvia Piccini, la 17enne di Sedegliano che si stava allenando sulla strada tra Rodeano e San Daniele e lì è stata centrata da un’auto, morendo dopo due giorni di agonia.
Proprio nel punto in cui è avvenuto l’impatto, ora ricordato da una targa e da un mazzo di fiori, due giorni fa è tornato durante un allenamento il ciclista Alessandro De Marchi, il professionista friulano della Israel che subito dopo quella tragedia ha teso una mano alla famiglia della sfortunata ragazza supportandola nella battaglia per la giustizia e la sicurezza stradale nel ricordo di quella giovane vita spezzata.
Non è un periodo facile per il 36enne bujese, che al Giro d’Italia di un anno fa dedicò la maglia rosa conquistata nella terza tappa e poi portata per un paio di frazioni, proprio a Silvia. Poche corse nelle gambe, slalom tra guai fisici, l’ultimo al Tour of the Alps lunedì che l’ha costretto a un ritiro che non ci voleva a due settimane della partenza del Giro. Domani correrà la Liegi Bastogne Liegi (per soffrire e accumulare un po’ di chilometri di allenamento»), dice.
Ma quel che è più importante ce l’ha detto (e scritto sui social) proprio alla partenza per il Belgio. «Silvia, un anno è passato e vorrai sapere come vanno le cose; chi pedala sulla strada rischia ancora enormemente, poco è stato fatto perché ogni giorno sulle strade ne vedo di tutti i colori», attacca. Poi la speranza: «Devo anche raccontarti che ci sono molte persone, fortunatamente, che si danno fare per rendere più vivibili le nostre strade. Molte associazioni per renderle più bike friendly, altri si battono contro il traffico selvaggio, e molti altri ancora che fanno educazione nelle scuole. Siamo ancora lontani dal risolvere tutto è vero ma sappi che ci stiamo lavorando! Abbi speranza».
De Marchi continua: «Mi sforzo di essere ottimista, come al solito tutti di rammaricano e promettono mari e monti dopo una tragedia del genere, poi di concreto c’è poco, accade un po’ come si sta vedendo in queste settimane con la guerra: indignazione generale poi a poco a poco l’attenzione scema. Qualcosa però si sta muovendo: cartelli che invitano le auto a mantenere la distanza di sicurezza dalle bici posizionati dai Comuni, associazioni che si fanno in quattro. Ecco, le istituzioni si muovono lentamente, anche frenate dalla burocrazia, ma qualcosa accade. Restiamo vicini alla famiglia di Silvia e aiutiamola nella sua battaglia». Poi il ricordo di Scarponi: «Michele? Era un sorriso continuo e ci faceva solo bene. Una persona buona e altruista: quel che fece per Nibali al Giro 2016, fermandosi ad aspettare il capitano e condurlo alla vittoria, è emblematico. Non manca solo al ciclismo uno così».
dal Messaggero Veneto