Caro Direttore, com’è naturale, il pezzo di Guido La Marca fa discutere. Le parole di Tito Tacchella, una persona che nel ciclismo non è certo un signor nessuno, fanno davvero riflettere.
Le scrivo, dunque, perché proprio il papà Paolo Pantani e mamma Tonina sono rimasti amareggiati da un passaggio di quanto si è ritenuto di rendere di pubblico dominio.
I genitori di Marco Pantani, ai quali in tanti dovrebbero ancora porgere scusa per condotte e dichiarazioni quanto meno improprie ed inopportune, del tutto senza fondamento, hanno vissuto insieme al figlio grandi gioie, ma hanno sostenuto altresì grandi sofferenze. Un dolore permanente per una morte prematura di Marco tuttora da chiarire, uno strazio ben arduo da sopportare.
Leggere, a distanza di anni e con riguardo all’infausta e infame giornata di Madonna di Campiglio del 4 giugno ’99, di una “...ricerca spasmodica di risultati eclatanti, anche quando non serviva...”, aggiungendo “…se hai sette minuti di vantaggio in classifica generale sul secondo, hai già vinto, non serve stravincere andando a prenderti la tappa...” significa non comprendere l’essenza dell’agonismo, e lo spirito che anima un Campione.
Solo la vittoria può soddisfarlo, è per la vittoria che sostiene sacrifici e privazioni, è la vittoria il premio che intende, con ogni forza, dedicare ai propri tifosi.
Anche a se stesso e, non certo da ultimo, agli sponsor che tanta rilevanza ed influenza hanno nel ciclismo professionistico. Allora come ora. E, se la memoria non m’inganna, anche Tito Tacchella esultava ai successi dei corridori del proprio Team. Non per nulla, ancor’oggi rammenta delle vittorie di Roberto Visentini e dell’anno d’oro del “suo” Roche. A proposito, avendo già vinto Giro e Tour, che necessità c’era per Stephen Roche di conquistare anche la Maglia Iridata?
Argomentando come malevolmente si è dell’avviso abbia fatto il “signor Carrera”, che dire mai del “Cannibale” del Ciclismo per eccellenza? Quell’Eddy Merckx che voleva sempre e comunque dominare e stravincere? Era forse destinato alla stessa fine di J.F. Kennedy a Dallas?
Lo si dica, senza tanti giri di parole: a Madonna di Campiglio il ciclismo ha vissuto una delle sue giornate più buie. Lo stabiliscono anche gli esiti di indagini giudiziarie condotte da Tribunali dello Stato e non al Bar Sport. Marco Pantani, il campione amato ed osannato per il suo modo d’interpretare la contesa agonistica, ne è stato la vittima sacrificale.
Questa è un’innegabile verità : tutto il resto... è noia.
Cordialmente, anche dai genitori di Marco.
Avvocato Fiorenzo Alessi