Nato in Colombia, il suo nome ancora oggi è accostato a quello di suo fratello, quel Pablo Escobar, diventato il simbolo della droga e della corruzione, del narcotraffico. Roberto de Jesús Escobar Gaviria, soprannominato El Osito, prima di entrare nell’armata del fratello è stato un ciclista, uno bravo, che avrebbe potuto fare carriera.
Fu costretto però a lasciare il mondo dello sport proprio a causa di Pablo, il fratello che seminava terrore in Colombia. Roberto Escobar ha attraversato il paese da ragazzino per andare a vedere Fausto Coppi, il Campionissimo, che a fine carriera decise di andare a vedere la Colombia.
Per applaudire il ciclista italiano - era il gennaio del 1958, il Campionissimo partecipò ad una corsa vinta dall'idolo locale Ramon Hoyos Vallejo - Roberto salì sull'Alto de Minas, uno dei passi di montagna più difficili del Paese: lo fece a bordo di una Vespa Piaggo 61, e fece quella pazzia proprio accompagnato dal fratello Pablo, di due anni più giovane. I due ragazzi rimasero impressionati da Coppi, non solo dalle sue imprese di corridore che ben conoscevano, ma dalla sua bellezza ed eleganza sia in bici che nei panni del turista visitava il Sud America.
Erano quelli gli anni della radio che raccontava le corse, le imprese epiche di atleti che su un mezzo meccanico percorrevano strade e si arrampicavano in salita. Oggi quella radio è tornata ad essere compagna per Roberto Escobar, perché i suoi occhi vedono solo le ombre a causa di una lettera esplosiva che gli venne recapitata quando era in carcere.
Così oggi le imprese dei suoi connazionali come Egan Bernal, Nairo Quintana o Rigoberto Uran le segue alla radio. Il quotidiano spagnolo El Pais, con un’intervista esclusiva, è entrato in quella casa museo di Medellin sui cui muri c’è la doppia vita di Roberto, quella del ciclismo e quella della criminalità, in cui non manca neanche una immagine di Vito Corleone, come simbolo dell’internazionalità di Pablo.
Roberto voleva fare il ciclista e per un periodo ci riuscì: a El Pais ha raccontato di come era entrato al Mediofondo Club, una squadra sponsorizzata da un'azienda di elettrodomestici. Ha gareggiato in tre Vuelta a Colombia tra il 1965 e il 1967 e due classiche RCN, le corse più importanti del paese. Fu oro ai Giochi Bolivariani e bronzo più volte ai campionati nazionali. Su una parete è appeso un ritaglio di giornale del giorno in cui Roberto ha vinto una tappa contro Cochise Roduìirguez, uno dei migliori corridori di quegli anni. "Il regalo di Cochise a R. Escobar", dice il giornale, anche se Roberto è di tutt’altra idea, perché quella vittoria, a suo avviso fu veramente meritata.
Sceso dalla bici Escobar diventò un allenatore ed è stato direttore tecnico delle regioni di Antioquia e Caldas. Quando però la federazione ciclistica colombiana iniziò ad avere notizie di ciò che faceva suo fratello Pablo, venne licenziato e così decise di creare una sua squadra.
Chiamò il suo team Ositto Bicycles, con una doppia T per ricordare l’Italia, per omaggiare Fausto Coppi che aveva incontrato tanti anni prima. Costruiva biciclette e nella sua casa ne conserva ancora una, tutta in ferro, verniciata di verde e rosso, come simbolo di quegli anni felici, quando la criminalità ancora non si era impossessata della sua vita. Ositto Bicycles fu costretta a chiudere perché era diventata un’idea comune che quella squadra andava avanti con i soldi della droga di Pablo. Ma Roberto ha sempre negato che nel suo ciclismo fossero entrati affari loschi anche se, dopo la chiusura della squadra di ciclismo, la sua vita fu al fianco del fratello Pablo.
Oggi Roberto Escobar, pentito della sua scelta, ripensa al suo ciclismo e per questo ha voluto mettere tutti i suoi ricordi di atleta in bella mostra, per poter raccontare ai suoi ospiti quella storia fatta di passione e fatica. Nel suo racconto c’è anche una confessione piena di amarezza, che riguarda il periodo in cui gareggiava ed era in Spagna: quelli erano anni spensierati in cui voleva portare alla gloria la sua Colombia, erano anni in cui un ragazzo sognava di vincere il Tour de France. Un ragazzo che poi sarebbe diventato un criminale e che oggi ricorda, racconta e forse sogna ancora.