Caro Direttore,
la chiarezza unita alla sintesi formano un binomio formidabile. Tanto per restare in sella, una sorta di premiata ed invincibile ditta del tipo COPPI&BARTALI o MERCKX&GIMONDI. Doverosamente mi scuso con gli altri, non molti in verità, che - a mio avviso, ovviamente - hanno lasciato indelebili ed entusiamanti tracce e ricordi nel Ciclismo.
Questa premessa ritengo sia un buon viatico per dare conto di una recentissima pronuncia della Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione su di un tema... ciclisticamente appassionante ed appassionato qual è quello della SICUREZZA. Se proprio vogliamo puntualizzare, della sicurezza nell'esercizio della pratica ciclistica, sportiva o meno che sia.
Come in una reclame d'antan, per chi la ricorda non proprio consona al contesto giuridico, è sufficiente la semplice trascrizione della massima di diritto: ... basta la parola.
"In tema di circolazione stradale, il conducente di un autoveicolo che effettui il sorpasso di un velocipede è tenuto ad usare particolari cautele al fine di assicurare una maggiore distanza laterale di sicurezza in considerazione della minore stabilità del veicolo a due ruote e della rilevante e conseguente probabilità di ondeggiamenti e deviazioni da parte del ciclista" (Cass.Sez. III, sent. n. 30316/2021).
Siffatto disposto, in forza dell'articolato normativo di cui al D.L.vo 285/1992 e dell'art. 589 del codice penale, vale a dire in ragione di una puntuale applicazione di disposizioni di legge da tempo legittimamente in vigore nel Bel Paese. Ad ulteriore conferma di quanto poco rilevino, come si dibatte e s'invoca ad ogni piè sospinto, "nuove leggi" o "leggi più severe" per arginare quello che può ormai definirsi un becero fenomeno sociale di prevaricazione e disprezzo dell'utente stradale più debole, pedone o ciclista che sia.
Basta volerlo veramente, e non vi sono indefiniti margini d'interpretazione delle regole di condotta da osservarsi a tutela e per la Sicurezza anche dei Ciclisti.
Cordialmente
Fiorenzo Alessi