Sono passati 100 anni da quando sulle strade di Copenaghen venne assegnato il primo titolo Mondiale. Era il 1921 e il campione fu svedese Gunnar Skold, che per primo tagliò il traguardo nella capitale danese. Quello però fu un mondiale pionieristico, una gara in cui non c’era distinzione tra professionisti e dilettanti e soprattutto non c’era la maglia con l’arcobaleno.
L’enorme cambiamento nella storia del ciclismo, il vero inizio della storia dei Mondiali, arrivò nel 1927, quando sul gradino più alto del podio salì Alfredo Binda, che per primo vestì la prima maglia arcobaleno.
Se lo sport ha avuto la capacità di incantare i popoli con le sue storie, quella del Mondiale di ciclismo del 1927 resterà per sempre una delle pagine più belle. Un racconto straordinario, scritto da uomini che a cavallo di una bici hanno conquistato l’arcobaleno che domina uno sfondo bianco. Fu un trionfo unico quellom con 4 italiani che uno dietro l’altro tagliarono il traguardo ai primi quattro posti, lasciandosi alle spalle ogni avversario.
Era il 21 luglio 1927 e si correva sul circuito motociclistico di Nürburgring, in Germania. Quella mattina, mentre il sole aveva deciso di nascondersi, furono 55 i corridori che con grande coraggio, si presentarono al via della prova iridata. Prima del via tutti sapevano che la spedizione italiana era la più forte, ma nessuno avrebbe immaginato di assistere ad una straordinaria supremazia italiana, non ancora in maglia azzurra.
Alfredo Binda arrivò per primo e alle sue spalle staccato giunse Costante Girardengo, che fu il primo ad attaccare, poi Domenico Piemontesi e Gaetano Belloni con il belga Aerts, primo non italiano, staccato di quasi 20 minuti
Professionisti e dilettanti correvano insieme ma con titoli separati, affontando un percorso di 182,480 km. Il circuito fu inaugurato nel giugno 1927 ed esattamente un mese dopo fu utilizzato come sede dell'edizione dei Campionati del Mondo su strada dell'UCI, con l’assegnazione della prima maglia iridata.
Il circuito del Nürburgring è stato uno dei più terribili, un autentico esame di forza e resistenza per i 55 ciclisti. La strada era tortuosa e numerose le salite da affrontare, su un anello di 22,8 km da ripetere per 8 volte. Sulle pagine dei quotidiani tedeschi, il tracciato di gara veniva definito come un otto volante, dove i corridori avrebbero dovuto trovare la forza per arrivare fino all’ultimo decisivo giro.
L’Italia aveva un po’ boicottato le edizioni precedenti, a causa delle questioni legate a Liberio Ferrario e al titolo dilettantistico messo in palio nel 1921.
Ma il quel luglio del 1927, il Belpaese decise di abbracciare quella gara così importante e si presentò con la squadra più forte, schierando due dei più grandi nomi del ciclismo di quegli anni, per non parlare di due dei più grandi rivali di questo sport: Alfredo Binda e Costante Girardengo. Per dovere di cronaca dobbiamo però dire che in quell’edizione dei Mondiali, mancavano il lussemburghese Nicolas Frantz e il belga Maurice De Waele, rispettivamente primo e secondo al Tour, che preferirono sfidarsi in notturna sul circuito del Parc des Princes a Parigi.
Ma se al via mancava il vincitore della Grande Boucle, c’era il vincitore del Giro d’Italia, Alfredo Binda, che corse dominando la corsa rosa, vincendo dodici delle quindici tappe e conquistando il traguardo finale con un vantaggio di più di 27 minuti, sul secondo. Tale era la superiorità di Binda, che per tutti era il favorito per la vittoria nel mondiale, nonostante la forte squadra belga, formata da uomini importanti, ognuno dei quali aveva vinto almeno una Classica.
La mattina della gara faceva freddo e la strada era bagnata. Soffiava un vento forte e subito dopo i primi due giri, in molti decisero di abbandonare la corsa. Binda il suo attaccò lo sferrò a circa 30 chilometri dall'arrivo, sulla salita del Karussell. Fu incredibile la sua potenza e in poco tempo guadagnò subito terreno e il suo vantaggio sugli avversari in breve tempo fu di 2 minuti. Binda era inarrestabile e a ogni metro acquistava forza, mentre i suoi avversari alle sue spalle cedevano stremati. Vinse per distacco con un vantaggio di oltre 7 minuti su Costante Girardengo.
Quello che sappiamo di quell’anno è che Alfredo Binda probabilmente era la più grande star dello sport di quell'epoca, anni nei quali il calcio non era ancora così dominante. Binda e l’Italia erano gli eroi in Germania e nel mondo, così il figlio del popolo, decimo di quattordici figli, aprì le porte al ciclismo moderno.
Binda era il corridore vincente, quello che non lasciava niente agli altri, tanto che dopo aver vinto il Giro del 1925, 2° nel 1926 solo per colpa di una caduta, dominò le edizioni del 1927, 1928 e 1929 al punto che pur di non fargli correre quella del ’30 la Gazzetta gli versò le 22.500 lire spettanti al vincitore invitandolo a non correre. Nel suo palmares così ricco, troviamo anche due Milano-Sanremo (1929, 1931), quattro Giri di Lombardia (1925, 1926, 1927, 1931), tre campionati del mondo (1927, 1930, 1932), quattro campionati italiani consecutivi (1926-1929).
Diventato poi commissario tecnico della nazionale, condusse Gino Bartali (1948), Fausto Coppi (1949, 1952), Gastone Nencini (1960) alla vittoria nel Tour de France, lo stesso Coppi (1953) e Ercole Baldini (1958) alla vittoria del mondiale.
Binda fu la prima maglia iridata nella storia del ciclismo, ma sono stati tanti gli italiani che oltre a lui hanno indossato quel simbolo così forte. Sono stati 19 i titoli conquistati dal nostro Paese, che nel medagliere è alle spalle del Belgio con 26 titoli e davanti alla Francia, che con la vittoria lo scorso anno di Alaphilippe, ha conquistato 9 maglie iridate.
Nel 1931 vinse Learco Guerra (nell’unico titolo della storia assegnato al termine di una cronometro, prima che nel 1994 nascesse di fatto il mondiale di specialità) e poi di nuovo Binda nel 1932 che aveva fatto suo anche il titolo del 1930.
Ci furono poi gli anni della Guerra Mondiale e un periodo di digiuno per l’Italia che tornò dominare il Mondiale nel 1953 con Fausto Coppi. Fu poi la volta di Ercole Baldini nel 1958 e Vittorio Adorni, che dieci anni più tardi, nel 1968, conquistò il Mondiale a Imola. Nel 1972 arrivò la vittoria di Marino Basso e l’anno successivo fu la volta di Felice Gimondi. Nel 1977 arrivò il titolo di Francesco Moser, che l’anno prima si era dovuto accontentare dell’argento e poi nel 1982 la maglia con l’iride venne conquistata da Giuseppe Saronni, mentre Moreno Argentin fu primo nel 1986. Dal Trentino nel 1988 arrivò Maurizio Fondriest e poi il doppio titolo di Gianni Bugno nel 1991 e 1992, primo italiano a conquistare due titoli consecutivi. Gli anni Duemila vedono il successo di Mario Cipollini nel 2002 e poi il doppio titolo di Paolo Bettini nel 2006 e 2007 e per finire Alessandro Ballan l’anno successivo. Nel 2019 Matteo Trentin in Gran Bretagna ci arrivò vicino, ma fu costretto a cedere il titolo a Mads Pedersen. Quel giorno Matteo Trentin, al termine di una corsa durissima caratterizzata dalla pioggia e dal freddo, consegnò all’Italia la 56a medaglia conquistata ai Mondiali di Ciclismo su strada.