Anche durante le Olimpiadi con le Nazionali le varie squadre non possono prendersi un momento di pausa. Lo sa bene Brent Copeland, general manager del Team BikeExchange, che anzi in questi giorni sta vivendo giornate quasi più frenetiche di quelle durante una corsa: «Siamo in un periodo di mercato, soprattutto con la squadra femminile, visto che ci saranno tante formazioni nuove e ci sono diversi movimenti». Inoltre, tra programmazione per gli ultimi mesi di stagione e analisi di quanto accaduto fino ad ora, non c’è proprio tempo per rilassarsi.
Brent, partiamo dal Giro d’Italia Donne.
«Ci aspettavano qualcosa di più da Amanda Spratt, poi con Sarah Roy e Grace Brown abbiamo provato a farci valere in volata, centrando qualche piazzamento. Anche il Giro ha avute le sue dominatrici e tante ragazze pensavano già ai Giochi Olimpici. Come è capitato anche al Tour».
Bilancio della Grande Boucle?
«Siamo andati male, devo essere onesto. Con il team performance stiamo studiando cosa non ha funzionato, ma bisogna ammettere che sia giugno che luglio sono stati due mesi negativi. Abbiamo fatto un secondo, terzo e quarto posto di tappa, più il secondo posto nella classifica maglia verde con Matthews, ma partivamo da Brest con una squadra adatta a fare di più. Il nostro obiettivo era vincere due tappe».
Cosa non ha funzionato in particolare?
«Non siamo stati fortunati con le cadute e i ritiri di Simon Yates e Lucas Hamilton prima del weekend pirenaico in cui avrebbero potuto fare bene. Amund Jansen è caduto malamente nelle prime tappe e poi ha sofferto per diversi giorni prima di ritirarsi. Dopodiché c'è il discorso che non abbiamo praticamente mai centrato la fuga buona, e questa è una colpa dei corridori, che ci hanno provato ma non sono stati abbastanza lesti da capire qual era il movimento giusto. A Esteban Chaves avevamo dato la libertà di provare a fare classifica, visto che ce lo aveva chiesto, ma sapevamo che con 60 km di cronometro sarebbe stato difficile raggiungere un buon piazzamento. La Top 10 sarebbe stata un'ottima cosa, ma ha chiuso 13°».
Michael Matthews ci ha provato fino in fondo a vincere una tappa.
«Matthews ha trovato un Cavendish che volava. Posso assicurarvi che Michael andava forte, era in ottima condizione, e i suoi numeri erano quelli dei tempi migliori, ma Mark andava veramente troppo forte. Addirittura, in volata gli dava due biciclette senza problemi. Non me lo sarei mai aspettato un Cavendish a questi livelli. E per noi è un peccato, perché fosse stato anche un solo gradino sotto saremmo forse riusciti a vincere la maglia verde, ma questo è il bello dello sport. Ci abbiamo provato, anche andando in fuga e prendendo i punti degli sprint intermedi, e credo che i tifosi si siano divertiti nel vedere la lotta aperta fino alle ultime tappe».
Quindi ora il mirino su cosa si sposta?
«Contiamo di fare una bella Vuelta a España. Punteremo molto su Lucas Hamilton, che ha un grande talento e voglia di rivalsa dopo un Tour sfortunato, e poi su Matthews per le vittorie di tappa. Stiamo valutando anche Chaves, vediamo come esce dalle Olimpiadi. Finora la stagione è andata tra alti e bassi, con il podio al Giro di Yates come ricordo migliore. Ci manca una vittoria di peso».
Possibilità di vedere Konychev e/o Colleoni alla Vuelta?
«Konychev non ce l'ha in programma, mentre per Colleoni riteniamo sia troppo presto per fargli fare una corsa di tre settimane. Ha comunque un grande motore, da coltivare con calma. Entrambi esordiranno in un Grande Giro l'anno prossimo».
Bernal al Giro e Pogačar al Tour hanno dominato. Il miglior Simon Yates ha possibilità di competere?
«Molto difficile, soprattutto se ci sono tanti chilometri a cronometro, dove abbiamo visto a Milano che perde troppo. Dovrebbe guadagnare molto in salita, ma al momento fare grosse differenze è complicato, a meno che non ci siano crisi dei rivali. Contro Egan al Giro abbiamo sognato di ribaltare la corsa per un paio di giorni, ma se è al meglio, e lo stesso discorso vale per Pogačar e Roglič, al momento ha qualcosa più di noi purtroppo. Bisogna essere onesti e dire che sono più forti».
Ma chi ha impressionato di più, Bernal o Pogačar?
«Numeri alla mano, Pogačar è di un'altra categoria».
Quindi ne deduciamo che al Tour sono andati più forte che al Giro?
«Molto, molto più forte. Ci sono i numeri dei potenziometri che lo confermano. Lo si può chiedere anche agli allenatori delle altre squadre, diranno la stessa cosa. La prima settimana poi sono andati come se stessero correndo una grande classica ogni giorno. Il livello generale era veramente altissimo».