Il legame tra Paolo Belli e la bicicletta si potrebbe definire speciale, quasi magico. Ha sempre fatto parte della sua vita, nei discorsi sportivi che a casa si consumavano prima e durante ogni gara, le letture di giornale, le tappe trasmesse in tv e quella scia di passione lasciata dal Giro d’Italia. Il destino l’ha portato altrove, verso la musica, a calcare palchi e studi televisivi riscuotendo il successo del grande pubblico, eppure in qualche modo le due ruote sono sempre state lì, una parte nascosta che ogni tanto riemergeva in occasione di tormentoni indimenticabili o addirittura dando il nome al suo gruppo musicale fondato con Baccini, i Ladri di biciclette. Tra uno spettacolo e l’altro Paolo Belli si piazzava sul divano e ritornava al suo sport. (monguzziphoto)
«Sulla carta io sto al ciclismo come Bob Marley sta al valzer, per anni sono stato un ciclista da divano - ci dice - in un paese di allenatori, io facevo il direttore sportivo».
Poi un giorno di circa 10 anni fa, nel centro Italia e nelle sue zone è arrivato il terremoto, guardandosi intorno tra i resti e la distruzione ha capito che doveva fare qualcosa. Si è messo in sella, pedalando prima per gioco e poi per passione; forse dopo tutto non era un caso se aveva sempre cantato di rincorse sui pedali, era qualcosa che era nel dna e doveva solo riscoprire. Da quel momento non ha più voluto fermarsi.
Quando Paolo Belli arriva al Giro porta sempre un’ondata di festa. Per anni ha scritto le canzoni della corsa rosa facendo ballare e appassionare tutti quanti, più volte la carovana è stata la sua casa, una famiglia da cui spesso sente l’esigenza di ritornare. Lo troviamo al via di una tappa, in sella alla sua scintillante Cipollini, è venuto a curiosare come un tifoso. «Una volta che inizi ad andare in bici è finita, è qualcosa di bellissimo di cui non si può fare meno - ci spiega -: pedalare è dura, soprattutto quando becchi una salita che sembra infinita, soffri tanto, non vedi l’ora di arrivare in cima, ma poi senti di l’esigenza di farla un’altra volta, ancora e ancora, ti rendi conto che è bellissimo».
Per Paolo Belli la bici è la metafora perfetta, l’unione di una vita fatta di difficoltà che si possono superare con la stessa grinta con cui si spinge sui pedali, è come un brano musicale, delle note apparentemente sparse su un pentagramma che fanno un’armonia perfetta.
Paolo è diventato un assiduo pedalatore, verso la bicicletta ha espresso un vero e proprio credo che racchiude un sentimento d’amore. Ama seguire le vicende sportive con campioni che si battono sulle grandi montagne e sugli arrivi in volata, ma è molto attivo anche sul fronte sicurezza. Il suo messaggio è chiaro: occorre essere sicuri quando si va in bici e per farlo è necessario il rispetto sia da parte degli automobilisti che dei ciclisti che devono fare di tutto affinchè la strada sia un posto sicuro e condivisibile. «Amo la bici da strada alla follia, ma tante volte mi verrebbe voglia di andare in Mtb per essere più sicuro facendo sentieri poco battuti. È inconcepibile pedalare con la paura, ritengo che sia necessaria l'adozione da parte di tutti di una vera e propria cultura del rispetto, dobbiamo insegnare alla gente che chiunque vada in bici che sia un bambino, un professionista o un anziano, deve avere lo stesso rispetto che si riserva ad un camion. Sono già successi troppi incidenti sulle strade, ne sono un esempio Scarponi e Silvia, la ragazza friulana scomparsa pochi giorni fa, dobbiamo fare qualcosa perché le loro morti non siano inutili». Il cantante modenese ha provato sulla sua pelle il rischio della strada, per due volte è stato falciato da una macchina, per fortuna senza conseguenze serie e fa di tutto per sensibilizzare la gente al rispetto del metro e mezzo di distanza per proteggere i deboli della strada. C’è ancora tanto da fare ma, come lo stesso Paolo Belli ammette, la dedica speciale di De Marchi a Silvia Piccini, quando ha conquistato la maglia rosa, dovrebbe lanciare un segnale importantissimo.
Mentre la carovana rosa prosegue la sua avanzata dopo il giorno di riposo il cantante ci rivela che dopo tutto è un grande tifoso che segue assiduamente ogni avanzamento della corsa. Fin da bambino gli hanno insegnato che bisogna sempre supportare gli italiani, ma Sagan è Sagan, il fantasista delle due ruote ha stregato anche lui. Ama tifare per tutti, ma il suo preferito è Daniel Oss. «Lo adoro come atleta perché rappresenta ciò che è la mia musica - ci rivela - il sacrificio, la costanza e la dedizione».
Affascinato dalle due ruote, allenamento dopo allenamento, Paolo Belli è arrivato a partecipare a gare non competitive, appena ha un momento libero salta sulla sua “Cipo” e va in strada. Con il tempo è diventato un atleta, anche se non vuole abbandonare la mansione di direttore sportivo perché è un ruolo, come dice lui scherzando, che spetta ad una persona “di peso” come lui. Tra uno scherzo e l’altro ha coinvolto nelle pedalate un gruppo di amici che si ritrovano ad allenarsi, ma non troppo seriamente. «Posso dire di aver organizzato una specie di squadra di cui io sono il direttore sportivo- spiega- sempre per scherzare si intende. In realtà ho solo distribuito delle magliette a degli amici per creare un team semiserio in cui pedaliamo per divertirci non tanto per essere dei campioni, siamo piuttosto degli appassionati». La “squadra” di Paolo Belli è composta da tanti amici con cui si ritrova a pedalare, alcuni sono anche personaggi noti dello spettacolo. Tra gli ultimi acquisti c’è anche Salvatore Ficarra che è un po’ troppo magro per i suoi gusti e a cui già detto che dovrà fargli da gregario perché va troppo veloce. È l’inizio di una squadra che forse un giorno potrebbe diventare qualcosa di più grande, magari sul modello della nazionale cantanti che esiste per il calcio: chiediamo a Paolo se gli sia mai venuta idea, lui ci risponde con un sorriso. Forse ci sta ci sta proprio già pensando.
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