L’attesa udienza del Gip del Tribunale di Alessandria Andrea Merelli in merito alla convalida o meno della archiviazione richiesta dal pubblico ministero si è conclusa con la decisione del Gip che si è riservato alcuni giorni prima di esprimere la sua decisione. Si è trattato di una discussione definita molto tecnica presenti oltre al padre di Giovanni Iannelli, i suoi legali e per la controparte l’avv. Nuri Venturelli e tutti e tre gli indagati, il presidente della società organizzatrice di quella tragica competizione dell’ottobre 2019 a Molino dei Torti, il direttore di corsa ed il suo vice.
Carlo Iannelli, il padre di Giovanni che si batte dal giorno della morte del figlio ventiduenne per conoscere le verità, avere giustizia ed un processo, avrebbe voluto parlare e dire due cose, ma il giudice in ossequio a quanto prevede la procedura non lo ha consentito. Carlo in merito ci ha rilasciato questa dichiarazione.
«Come padre, chiedo solamente che si celebri un processo. Poiché in quella sede, nel dibattimento, nel contraddittorio tra le parti - che finora non c'è stato - ed in condizioni di parità, possano essere accertate la verità e le responsabilità in ordine alla morte di mio figlio. Possono essere approfondite e chiarite certe situazioni, determinate circostanze ed il ruolo svolto da taluni soggetti nella vicenda. Pur conoscendo i criteri che regolano l’esercizio dell’azione penale, ritengo che celebrare un processo corrisponda ad un principio di civiltà, che rappresenti un diritto sacrosanto per chiunque reclami Giustizia. Specialmente per la parte offesa, per una famiglia che ha perso un figlio di 22 anni in quel modo. E che sia anche un gesto, un tributo di riconoscenza e di rispetto nei confronti di un ragazzo esemplare strappato alla vita nel fiore degli anni e che ha donato i suoi organi. Ritengo altresì che celebrare un processo significhi concentrare, finalmente e realmente, la massima attenzione sul tema, finora trascurato, della sicurezza alle corse ciclistiche nell'interesse dei corridori di ogni età, di ogni categoria, di oggi e di domani, affinché simili tragedie non abbiano mai più a verificarsi e l’estremo sacrificio di mio figlio non risulti vano. Da uomo di legge, ma ancor prima da semplice cittadino di questa Repubblica, attenderò pazientemente ed in religioso silenzio l'esito di quel processo, rispettando la sentenza che verrà emessa al termine di un dibattimento».