Il quarto titolo mondiale di Mathieu Van der Poel non è stato celebrato con una festa. Non ci sono stati amici, neanche parenti e la giornata si è conclusa con una pizza e una bottiglia di vino insieme alla sua fidanzata Roxanne. Un modo del tutto inusuale per il ciclocross, dove le feste spesso durano l’intera notte. «E’ stato un po’ triste - ha detto Van der Poel alla stampa il giorno dopo il suo titolo mondiale -. Ora c'è una strana atmosfera, senza fan, amici e parenti. Finita la gara siamo tutti tornati a casa. È stato un modo un po’ triste di concludere un Mondiale».
A Ostenda il pubblico non era presente e lungo il percorso c’erano solo gli addetti ai lavori. «Non c’è stata la solita euforia e tutto è stato veramente diverso. Non ho potuto fare nulla con la squadra o con i miei compagni, veramente si respirava un’aria insolita, è stato tutto molto strano. Come ho festeggiato? Una bottiglia di vino e una pizza con la mia ragazza».
Quello di Ostenda non sarà il titolo più ricordato da Mathieu Van der Poel, che nella sua carriera ha veramente vinto tanto. «Vincere un Mondiale è sempre speciale, ma il primo conquistato a Tabor per me resterà il più bello. Ma anche quello di Bogense (2019) è stato speciale. Dopo tre anni senza vincere, la pressione era altissima, cosa che invece non ho sentito a Ostenda. Raramente ho vissuto così serenamente il periodo di avvicinamento a un Mondiale».
Van der Poel è stato anche molto obiettivo ed analitico, considerando la sfortuna di Wout van Aert come un piccolo difetto sul suo trionfo. L’olandese infatti avrebbe preferito vincere in un modo diverso, dimostrando la sua superiorità su un avversario forte e non in difficoltà. «Ovviamente le forature fanno parte del nostro sport, ma non le auguri a nessuno. Indubbiamente questo mi ha aiutato, ma avrei preferito vincere senza quella gomma a terra. Sarebbe stato un gioco diverso, ma d'altra parte ho avuto anche io la mia parte di sfortuna in passato».
Van der Poel guarda al futuro e si pone obeittivi eccezionali: vuole raggiungere Erik De Vlaeminck, che di titoli iridati nE ha conquistati 7, ha detto che farà ciclocross fino a 30 anni, ma ha confermato che la strada sta diventando sempre più importante per lui.
«Vorrei fare dieci o quindici corse ogni inverno con l’obiettivo principale nel Mondiale. È quello che ho fatto quest'anno e voglio continuare a farlo nei prossimi anni e sicuramente fino al mio trentesimo compleanno. Per me è puro divertimento ed è un modo per rompere la monotonia dell'inverno. È molto più divertente che doversi allenare per ore e ore senza obiettivi. Adesso posso correre senza stress, non ho più niente da dimostrare e posso tranquillamente guardare avanti per il prossimo titolo. I sette Mondiali di De Vlaeminck? Non ci sto ancora lavorando, ma a lungo andare potrebbe diventare un obiettivo. Tuttavia, mi rendo conto che ho ancora molta strada da fare per arrivare a questo».
Il campione del mondo si sta lasciando alle spalle il ciclocross e nella sua testa c’è già la bici da strada. La sua stagione inizierà con l’UAE Tour, per continuare con Strade Bianche, Tirreno-Adriatico e Milano-Sanremo. Si concentrerà poi sulle Classiche in Belgio e Francia: lo vedremo infatti al Giro delle Fiandre e alla Parigi-Roubaix, poi sarà la volta della mountain bike.
«Dopo le Classiche, tutto sarà in funzione dei Giochi: tutti sanno quanto siano importanti i Giochi per me. Ho anche considerato di saltare il Tour de France, ma mi rendo conto che questo non sarà possibile per via degli sponsor, quindi lo accetto. Sono gli sponsor che mi pagano lo stipendio, quindi... un po’ d'acqua con il vino non farà male. Devo dire che ho già molta libertà con la squadra e il Tour comunque non sar una punizione per me, è una grandissima corsa. Ma nella mia testa c’è solo Tokyo. Non è ancora stato deciso se finirò il Tour, ma se mi diranno che rischio di compromettere Tokyo, prenderò certamente in considerazione l'idea di ritirarmi prima di arrivare a Parigi».