Caro Direttore
Non ho motivi per dubitare che universalmente si stramaledica il Coronavirus, bestemmiandolo in tutte le lingue ed insieme pregando ogni Dio che lo strafulmini. Ovviamente, tutti dobbiamo fare la nostra parte, seguendo necessari prescrizioni e protocolli, tutt’al più fastidiosi: quanto mai d’attualità... aiutati che Dio t’aiuta.
Nel nostro piccolo (per me, grandissimo!) mondo di ruote, campioni, imprese che diventano gesta e uomini che, a loro volta, assurgono a leggenda, questo virus bastardo ha inciso anche su di un fatto che, da sempre, ha costituito un privilegio e, al contempo, un obiettivo che di per se’ giustificava mesi di sacrifici: vestire d’azzurro, rappresentando l’Italia nelle più prestigiose Competizioni Internazionali.
Se uno ama sia il Ciclismo che il proprio Paese, non è banale e vacua retorica l’affermare che sia un motivo d’orgoglio, ed un inequivoco risultato del proprio lavoro, quello di essere chiamati ad indossare la Maglia Azzurra nella rappresentativa Nazionale. Voglio esagerare, ma ci sta: molti i chiamati, ma pochi gli eletti a portare sulle spalle l’onore e l’onere Ciclistico d’Italia.
Come testimoniano recenti notizie, per colpa del Covid19 i Campionati Europei (così come l’odierno Campionato Italiano) vengono privati di Corridori di spessore agonistico, e meritevoli dell’azzurro.
Non bastasse il resto (si fa per dire, qui alla fin fine di Ciclismo si tratta), ci ruba anche Il colore “simbolo” dello Sport d’Italia. Non mi si venga a dire che è solo un ”virus”: questo è, anche, una maledizione. Che Iddio lo incenerisca, quanto prima.
Cordialmente.