Caro Direttore,
ricordo con simpatica nostalgia una trasmissione radiofonica della mia (nostra ?) gioventù: portava il nome di Alto Gradimento ed era condotta da due altrettanto giovani Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. Uno dei bizzarri personaggi che la animavano usava presentarsi lanciando un urlo che era, al contempo, una constatazione e un monito: "L'uomo è una bestia!".
All'apprendere che, proprio nel tempo in cui si ricorda la nascita e, a breve, l'eterna fuga di un Campione Formidabile e Inimitabile del Ciclismo com'è Marco Pantani (sì, uso il tempo presente perchè lui resta e rimarrà negli occhi e soprattutto nel cuore di chi lo ha ammirato ed amato), è stato oggetto di sfregio un suo "ricordo", nella "sua" Romagna e su una delle "sue" salite quasi quotidiane alle quali affidava l'onere e l'onore di testare la condizione agonistica, provo un turbinio di sentimenti che non è facile elencare. Dallo sconcerto all'odio più viscerale, passando per una mestizia profonda e fino ad una rabbia incontenibile.
Lascio spazio ad ogni reprimenda nei miei riguardi, di ogni ordine e derivazione, ma non accetto da nessuno lezioni di ipocrita perbenismo e, meno ancora, di moralistico perdonismo: le emozioni e le passioni esulano da contesti asetticamente razionali. Chi ama il ciclismo, di un amore forte ed irriducibile come può essere quello per una donna o per un figlio, non potrà mai accettare con bonaria pacatezza, e men che mai pavida rassegnazione, qualsivoglia insulto o affronto alla permanente tragedia per la perdita di una sorta di... stella polare.
Certo è che, stando così le cose, trova spazio l'urlo a cui sopra ho accennato: solo delle bestie - e di certo manco di riguardo alla specie animale - hanno potuto oltraggiare, per di più proprio nella sua terra, quello che è - tra tanti, pur nella sua semplicità - un "monumento alla memoria" del Pirata di Cesenatico.
Altrettanto indubitabile che i tempi che viviamo, sovente senza il fascino e il conforto degli affetti veri e delle amicizie disinteressate, conducono a fare scempio dei sentimenti e delle emozioni. Quello che aveva nome "culto dei defunti", e che ancor'oggi parrebbe avere seguito, per molti non significa nulla. Con un simile andazzo, non so fino a che punto si riesca a concepire o a comprendere il valore - proprio così! - dell'invettiva, vale a dire delle parole violente destinate a riprendere una condotta indegna e spregevole, denunciandola con sdegno e ira.
Sperando di poter essere esaudito, un augurio per voi, che avete vigliaccamente vilipeso la memoria di Marco Pantani: prima della manchevole giustizia dell'uomo, vi raggiunga la maledizione di Dio. Francamente, se foste inceneriti, non la riterrei una gran mancanza. Nè proverei pietà o compassione.