Li senti ridere da fuori, mentre vorresti che il primo sole del Giro non finisse più. C’è il mare, e il rumore che fa la Romagna quando si prepara all’estate: martelli, trattori, rastrelli, da qualche parte anche un trapano. Ma quella risata copre tutto. A ridere è Vincenzo Nibali, che ha appena finito la sua sgambata, unica fatica del primo giorno di riposo. E’ dall’inizio dell’anno che lo vediamo diverso dal solito. Più sorridente, più aperto. «Più tranquillo, più rilassato, anche più disponibile verso i tifosi», conferma Michele Pallini. Lui è l’uomo che ha Nibali fra le mani, letteralmente. Il suo massaggiatore, il suo confidente, quello che conosce il fuoriclasse della Bahrain Merida meglio di chiunque. Pisano, 48 anni, un papà che tifava Coppi, Pallini è diffidente quasi quanto il suo corridore. E come lui, quando si fida è per sempre. «Caratterialmente siamo uguali. Certi giorni ci diciamo una parola, forse due. Non ci rompiamo le scatole. Facciamo certi viaggi in macchina, centinaia di chilometri in silenzio». In genere uno dorme e l’altro guida. «La sera non andrebbe mai a dormire, la mattina non vorrebbe svegliarsi. Di giorno si addormenta appena può, è la sua forza. L’altro giorno, per andare dal traguardo di L’Aquila all’albergo c’erano cinquanta chilometri. Appena è salito sul minivan si è lamentato: come sono scomodi questi sedili. Tre minuti più tardi stava già dormendo, lo abbiamo svegliato quando siamo arrivati».
DIFFERENZE. Uno dei segreti del gruppo è il fatto di lottare per un obiettivo importante come il Giro: per molti è una novità, e porta adrenalina. L’altro segreto è la lingua: è un gruppo tutto italiano, con l’eccezione di Grega Bole, sloveno che viene dall’hockey su ghiaccio, che però l’italiano lo capisce e lo parla. Pallini torna su Nibali. «L’ottanta per cento della tranquillità gli viene dalla consapevolezza di aver fatto tutto al meglio. L’altro venti glielo dà il fatto di non dover più dimostrare niente a nessuno, non ha più il coltello fra i denti. In compenso ha l’esperienza per sapere come e quando muoversi in gara». Pallini è quello che lo aspetta al traguardo, è il primo a prendersi cura di lui, un asciugamano sul collo e le parole giuste. «I due Giri vinti sono stati completamente diversi: nel 2013 si sentiva superiore, non ce n’era per nessuno; nel 2016 è stato un inseguimento con se stesso, c’è stata un po’ di tensione, poi in due tappe è cambiato tutto».
ALCHIMIE. Michele e Vincenzo si sono incontrati per la prima volta nel 2007, in Cina. «Era una preolimpica. La prima impressione non fu buonissima. Poi ho cominciato a lavorare con lui ed è nata l’alchimia. Qualcosa di unico. Ogni tanto mi capite di pensare a quando lui smetterà: non so cosa farò, non ritroverò mai niente del genere». Il suo lavoro è una magia. «Devo ripristinare la muscolatura come se non avesse corso. Sul lettino mi mette in mano la sua vita: non soltanto fisicamente, totalmente». In dodici anni hanno litigato due o tre volte al massimo, «diciamo due», e il primo a telefonare per fare pace è sempre stato Vincenzo, «perché avevo ragione io». Fuori all’improvviso si sente confusione. Nibali ha parlato di Roglic, «sì, me lo aspettavo così forte, e le crono sono il suo terreno, adesso però arrivano le montagne, che sono il mio terreno, lui qualche volta ha dimostrato di avere delle piccole lacune in salita, vedremo se le ha colmate». E’ pacifico, tranquillo. Non possiamo non pensare a quello che ci ha sempre raccontato, che quando ha vinto le corse importanti era sempre arrabbiato, per un motivo o per l’altro. Pallini alza le braccia, «vedrai che da qui alla fine un motivo per arrabbiarsi lo trova, non ti preoccupare». E ride. E’ proprio un vizio.
dal Corriere dello Sport - Stadio