Sono trascorsi tre anni e tre giorni. Cronometro allora, cronometro oggi. Gianni Savio ha stesso baffo, stessa maglia nera sotto la camicia, e stessa capacità di premiare il merito. Come quello di una buona memoria. “Perché sì, mi fa piacere che lo si ricordi”, Tappa di Greve in Chianti, 16 maggio 2016. Cronometro sotto la pioggia, ma senza la sua Androni. Che oggi a Riccione c’è, come è presente il valore del tempo, quando si tratta di confermare di aver avuto l’intuito giusto.
Quel giorno, Savio non tituba nel dire a Tuttobiciweb che ci si deve “segnare questo nome: Egan Bernal. Un predestinato, un campione. Mai mi sono sbilanciato, in tanti anni. Ma questa volta lo faccio”. E Savio sorride compiaciuto di aver dimostrato che la parola data aveva un valore: “Corsi e ricorsi storici, anche oggi in una sfida contro il tempo dico che sto valutando qualche giovane sudamericano, ma non dico neanche la nazionalità. Ho valutato un percorso sul medio termine, con questi corridori, e ho appurato che le loro capacità non fossero estemporanee o legate a qualche exploit. Nel giro di due mesi, con qualcuno di questi si comincerà a lavorare insieme, ancora una volta grazie all’aiuto di Michele Bartoli”.
Savio, che setaccia il mondo alla ricerca di nuovi potenziali vincitori di gare di peso, ha però l’attenzione focalizzata anche dentro i confini di casa. “Lo abbiamo già ingaggiato, non è una novità, ma voglio ribadire la mia fiducia in Simone Ravanelli. In passato ha vinto un De Gasperi, ha fatto bene al Tour of the Alps e all’Appennino è salito sul nostro podio virtuale, dietro a Cattaneo e Masnada. Sì, mi aspetto tanto anche da lui”.
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