Azzardiamo, ma siamo convinti di non sbagliare. Se Eduardo De Filippo avesse vissuto con noi questa giornata, forse oltre a «Natale a casa Cupiello» avrebbe scritto anche «Natale a casa Colnago». Protagonisti due giovanotti innamorati della bici come pochi altri: Ernesto Colnago, 86 anni, e Giuseppe Drali, che ha superato il traguardo delle 90 primavere.
Attori non protagonisti, data la grandezza dei due, il presidente della Cicli Drali Robert Carrara, l’amministratore delegato Gianluca Pozzi, il giovane Alessandro Merli nei panni del “rübamestée” (rubamestieri, è il ventiseienne meccanico che lavora con Drali, ndr), due grandi appassionati e collezionisti come Elvezio Lazzarin e Giuseppe Bagliani e infine Don Matteo, ex parroco del quartiere Stadera di Milano (dove da sempre c’è la bottega del Drali) e oggi parroco di Gessate Cambiago.
Una nota: tutti i dialoghi tra i protagonisti si svolgono in dialetto milanese per uno e brianzolo per l’altro, con piccole sfumature di pronuncia che li differenziano. Ascoltarli parlare è una musica, un incanto.
La scena si svolge nella storica sede della Colnago a Cambiago e i due protagonisti fagocitano la scena: non si vedevano dal 1946, quando Colnago lavorava alla Gloria. “Di tanto in tanto mi chiamava lui - racconta Drali -. Ma io non ho avuto mai il coraggio. Lui è un gigante, io un piccolo meccanico”.
Il Drali racconta poi all’Ernesto di quando nel ’47 ha sbagliato a saldare una forcella e aggiunge: «Solo chi non lavora non sbaglia, a parlare si fa meno fatica».
Drali da del lei a Colnago, Ernesto gli da del tu e lo invita a prendere l’ascensore per salire nel museo dell’azienda ma Giuseppe Drali preferisce le scale, «per tenermi in allenamento».
E poi aggiunge: «Io alle 15, tutti i giorni mi faccio la “puntura”: un bel bitter Campari. L'è bün. Va giù che è un piacere, va giù come il rosolio e fa bene alle coronarie. Come il gorgonzola».
Poi tutti insieme a pranzo, racconti e confidenze si susseguono, i due protagonisti si scambiano ricordi e impressioni di una vita.
E alla fine, le parole di Ernesto Colnago chiudono la giornata: «L’é propri Natal, l’é propri un bel Natal».