Gianni Bugno, l’ex Campione di ciclismo che tutti conoscono per i suoi straordinari successi, basti ricordare due Campionati del Mondo ed un Giro d’Italia, sarà presente al Giorno della Scorta nella sua veste di presidente del CPA (Cyclistes Professionnels Associés), l’associazione internazionale dei corridori professionisti. Incarico rinnovatogli recentemente per la terza volta consecutiva, proprio grazie alla sua appassionata e competente determinazione nella tutela dei suoi ex colleghi.
Con lui proviamo a sintetizzare un 2018 che per la sicurezza è stato quantomeno “problematico”.
Caro Gianni, nel corso dell’anno, quali sono stati gli episodi negativi che ti hanno maggiormente colpito?
«Mi sono un po’ infuriato quando ho visto transenne di plastica volare al passaggio dell’elicottero, oppure persone dell’organizzazione far cadere i corridori immediatamente dopo al traguardo quando questi erano ancora in piena velocità. Nelle gare professionistiche i livelli organizzativi ed il personale utilizzato devono necessariamente essere di profilo adeguato. Quello che però mi ha colpito particolarmente è quanto accaduto all’Uder23 Michael Antonelli nella Firenze-Viareggio di quest’anno. Una caduta accidentale, ma con conseguenze drammatiche, che ha colpito il cuore di ciascuno di noi, che ci fa sentire vicini alla sua famiglia e alla sua società, così come alla necessità di riflettere sul come fare per dare sempre maggiore sicurezza ai nostri ragazzi».
Tra le tante gare osservate, ci sono soluzioni innovative che gli organizzatori hanno messo in campo e che hai particolarmente apprezzato?
«Giro d’Italia di quest’anno, arrivo sullo Zoncolan. Quel straordinario cordone di volontari per garantite un transito sicuro ed ordinato dei corridori, va citato non solo per la sua consistenza ed efficacia, ma anche come indicatore di una mentalità organizzativa evoluta, per la quale si decidono cose straordinarie solo se hai la consapevolezza e le condizioni di poterle governare compiutamente».
La riduzione da 200 a 176 partenti, voluta dall’UCI per migliorare la sicurezza, è davvero servita?
«No, non è servita a niente, le cadute ci sono state ugualmente, con la conseguenza che anziché aumentare la sicurezza abbiamo diminuito l’occupazione, meno posti di lavoro per corridori e tecnici».
Radioline e freni a disco, due argomenti che vedono ancora opinioni divaricanti, qual è la posizione del CPA?
«Le radioline è auspicabile che restino, in diversi frangenti aiutano i corridori a farsi prudenti per evitare guai peggiori, ma nell’immediato futuro sarà opportuno sostituire i vecchi apparati tradizionalmente collocati sul dorso dei corridori, assai pericolosi in caso di caduta, con apparati più moderni, tipo bluetooth, nascosti sotto la sella. Favorevoli anche all’uso dei freni a disco purché dotati di quelle precauzioni più volte indicate (spigoli arrotondati e schermo protettivo del disco) auspicandone nel contempo la più rapida diffusione fino ad interessare la generalità dei corridori. Una condizione di uniformità necessaria per poter realizzare anche un’assistenza meccanica rapida ed efficace, talvolta oggi messa in imbarazzo per le troppo differenze di equipaggiamento delle bici, con conseguente danno per i corridori».
Il protocollo in caso di condizioni meteorologiche estreme, introdotto nel 2016, ha trovato applicazione risolvendo casi concreti, oppure, tutto è continuato col semplice buon senso degli organizzatori?
«Ci sono stati casi di applicazione concreta come nella Milano-San Remo dell’anno scorso, dove si decise di evitare il Turchino. Ma in generale è quasi sempre stato sufficiente il buon senso degli organizzatori. Il fatto però, che grazie a questo protocollo, in ogni manifestazione fosse presente un delegato in rappresentanza dei corridori, è stato di grande sollievo nella convinzione di essere più attrezzati ad affrontare i casi estremi».
Le gare dei professionisti, in particolare le “classiche”, vedono una presenza massiccia di moto per fotografi, operatori tv ad altro ancora . Ripetute le circostanze che hanno visto ciclisti e motociclisti cadere insieme. Non credi che la situazione sia ad un punto limite?
«Stiamo chiedendo agli organizzatori di contenere il numero di queste moto evitando quelle non strettamente necessarie. Nel contempo, rivendichiamo anche una loro migliore gestione affidando il compito a “regolatori” davvero professionali, scelti in modo accurato, dotati di buona esperienza».
Oggi, gareggiare su strada, è come un esercizio acrobatico tra spartitraffico, rotonde, isole pedonali, paletti di segnalazione e tante altre diavolerie, causa di tante cadute anche serie. Dobbiamo passivamente rassegnarci a tutto questo oppure qualcosa può essere fatto per contenerne le conseguenze?
«Purtroppo queste sono le condizioni e se c’è un ostacolo i corridori devono per forza scansarlo. Possiamo raccomandare agli organizzatori di scegliere i percorsi più adatti, ma anche per loro spesso esistono scelte obbligate. Tuttavia, qualcosa può essere fatto. Occorre agire perché la maggioranza degli ostacoli siano superabili da entrambi i lati; le transenne siano disposte nei punti in cui serve incanalare i corridori verso restringimenti che non diventino degli improvvisi colli d’imbuto; fare uso di cordella bicolore per evitare incertezze di percorso. Serve inoltre molta professionalità nel fare le segnalazioni dei pericoli da parte del personale dell’organizzazione, dove queste non di rado appaiono insufficienti o poco comprensibili, penalizzate anche dal fatto che in Italia si effettuano in un modo e all’estero con altri modi ancora.
Per noi del CPA valgono le modalità di segnalazione stabilite dall’UCI e queste vorremmo vederle applicate anche in casa nostra. Aggiungo che in ogni caso qualche freno ai comportamenti più pericolosi dei corridori è stato posto con l’introduzione delle sanzioni, fino all’espulsione dalla gara, per chi transita sul marciapiedi, piste ciclabili o non rispetta tassativamente il rosso dei passaggi a livello».
Un sogno per il futuro del nostro ciclismo?
«Più sicurezza. Vorrei che le cadute fossero ridotte soltanto a quelle davvero accidentali, evitando tutte quelle che in un qualche modo derivano da comportamenti negligenti e da precarie soluzioni organizzative».
dalla brochure de Il Giorno della Scorta