Se lo è chiesto tante volte come sarà il primo giorno della nuova vita, e non si è mai dato una risposta. Poi ci ha pensato la Bahrain a convocarlo per il ritiro con i nuovi corridori: il raduno è la sera del Lombardia, così non ci sarà tempo neanche per le emozioni. «Mi tolgo la divisa da corridore e qualche ora dopo sono già un direttore, cosa vuoi di più? Certo, sarà un bel po’ strano». La risata di Franco Pellizotti ha l’eco, e attorno i suoi figli hanno esigenze diverse. Giacomo fa la seconda superiore, gioca a pallone, tifa Inter ma l’altra sera si è commosso vedendo le lacrime di Ronaldo, «lui ci mette passione, anche quando è soltanto spettatore». Giorgia è in seconda elementare e la malattia della bici l’ha ereditata lei, «io non ero contento, troppa fatica per una ragazza, ma a lei piace, dà del filo da torcere anche ai maschi». E poi c’è Mia, quindici mesi, «abbiamo ricominciato tutto da capo, le notti senza dormire, quando sono in ritiro mi riposo». In ritiro con lui c’è Vincenzo Nibali, suo capitano e compagno di squadra. È stato così ieri in Romagna e anche domenica prossima a Innsbruck.
In 17 anni di carriera è soltanto il secondo mondiale, possibile?
«Strano vero? Ho corso soltanto Verona, nel 2004. E il ricordo più tenero ce l’ho del mondiale che non ho corso, quello del 2001. Ero neoprofessionista, dopo una bella Vuelta ero fra i probabili azzurri poi però a Lisbona andò Lanfranchi. Un mese dopo trovai Martini e Ballerini alla premiazione del Giglio d’oro. Mi dissero: se avessimo convocato te non sarebbe finita così». (Per i più giovani: Lanfranchi andò a riprendere Simoni, che era in fuga: diciamo che non fu proprio un trionfo di squadra).
A Innsbruck sarà il regista. Cioè?
«Sono un veterano, posso mettere a frutto la mia esperienza. Cioè: sono vecchio e darò consigli ai più giovani».
Che cosa si aspetta da questo mondiale?
«Una maglia di tanti colori. Chiudere vincendo quella sarebbe il massimo. Io ci credo».
Sta parlando del suo compagno di camera, Nibali?
«Ovviamente. In questo momento non partiamo come favoriti. I francesi hanno molte punte, gli inglesi sono fortissimi, però noi siamo più squadra. A volte avere tanti corridori forti può essere controproducente. E poi Vincenzo non sarà magari al massimo della condizione, ma io alla Vuelta ho parlato con gli altri corridori, hanno tutti paura di lui. Qualcosa può sempre inventarsi. E poi c’è Moscon, sta dimostrando di essere in ottima condizione».
Il percorso lo ha visto assieme a Nibali.
«E’ difficile perché non è dura soltanto l’ultima salita, ma anche i giri prima. E pure gli 80 chilometri in linea non sono facili, anche la freschezza avrà il suo peso».
Sagan è tagliato fuori?
«Mai. L’ultimo sabato della Vuelta io e De Marchi ce lo siamo trovati davanti sull’ultima salita... Lui è come Nibali, non puoi mai sottovalutarlo».
A proposito di Nibali. Com’è dividere la stanza con lui?
«Andiamo molto d’accordo. L’unico problema è abituarsi ai suoi orari: la sera va a letto sempre molto tardi e la mattina non si alzerebbe mai».
Come ha vissuto quello che è successo al Tour?
«Male, una parte di me è tornata a casa con Vincenzo. I sacrifici si fanno più volentieri se puoi spingere qualcuno al successo».
Alla Vuelta com’era l’umore di Nibali?
«A giorni soffriva, a giorni era felice. Io dovevo tirargli su il morale o assecondarlo, a seconda».
Al mondiale possiamo contarci?
«Lui ci ha abituato a tirare fuori questi lampi di classe, anche quando è all’ottanta per cento riesce a fare la differenza. Gli capita spesso. Una cosa come quella che ha fatto alla Sanremo non ha prezzo».
Pellizotti, perché smette?
«Perché ho quarant’anni, e c’è un tempo per tutto. Il ciclismo mi ha dato tanto, e mi ha tolto tanto. Ma è stata una parentesi. Adesso comincia un’altra vita».
dal Corriere dello Sport-Stadio