Claudio Corti, 63 anni, da corridore fu iridato su strada tra i dilettanti e vicecampione del mondo nei professionisti. Poi da ds ha guidato big come Bugno, Cipollini, Simoni, Cunego e lanciato tanti giovani talenti fra i quali Chris Froome e Geraint Thomas, con lui nel 2008 e 2009 alla Barloworld.
Corti, come scoprì Froome e Thomas?
«Chris non fu una mia scoperta, ma lo portai io in Italia, nel 2008. L’avevo visto correre in Sudafrica e mi piacque subito. Gli proposi di trasferirsi e venne ad abitare vicino a me a Chiari, nel Bresciano».
Thomas invece dove andò a pescarlo?
«L’avevo ingaggiato la stagione precedente dopo che aveva corso un anno da stagista alla Saunier Duval, senza essere confermato. La Barloworld aveva sede in Inghilterra e un corridore britannico in squadra ci voleva».
Come erano i due allora?
«Chris molto inesperto, tutto da plasmare, non sapeva stare in gruppo e temeva le discese. Ma in salita andava già forte, anche se non frullava ancora i pedali come adesso».
E Geraint?
«Era una pedina base della Gran Bretagna nell’inseguimento a squadre su pista e in Nazionale vinse ori olimpici e mondiali. Accettai di lasciargli molto spazio come pistard, ma nel 2007 fummo invitati al Tour che partiva da Londra e allora lo lanciai anche se aveva solo 21 anni. Finì penultimo, ma gli servì».
Erano simili nel carattere?
«No, molto diversi. Froome più introverso, determinato, molto maturo per la sua età e curioso, tanto che imparò in fretta l’italiano. Poi con la bici si dimostrò pignolo, scientifico, quasi maniacale. Thomas era più solare, sempre allegro e felice, più ruspante di Chris, senza ossessioni. Non gli pesava nulla, ubbidiva sempre ed era facile da allenare. E se Froome curava molto la dieta, Geraint poteva mangiarsi anche un panino imbottito prima di correre».
Froome viveva vicino a lei. E Thomas?
«In Toscana, con altri corridori inglesi come Cummings, lui pure della Barloworld, e Cavendish».
Tecnicamente si assomigliano?
«Per le doti da cronoman sì, ma Thomas è più potente, un grande passista, Froome più agile e scalatore».
Non bisticceranno nel finale di questo Tour?
«No, perché sono intelligenti e corrono insieme da tanti anni. Quando nel 2009 lasciarono la Barloworld passarono entrambi alla Sky. E sono ancora lì. Andranno d’accordo».
Ma Froome, che è secondo, non attaccherà Thomas?
«Forse, ma solo sulle ultime salite dei Pirenei e se saranno ancora ai primi due posti della classifica».
Thomas non potrebbe lasciare la vittoria finale a Froome che insegue tanti record?
«Non credo. Sono inglesi, freddi e lucidi, non latini come noi. Non si farà intenerire dai primati di Chris».
In 12 grandi giri disputati finora, Thomas al massimo ha concluso 15°: non la stupisce il suo enorme miglioramento?
«Mi sembra che alla Sky in molti vadano forte e la crescita sia di tutta la squadra. Il segreto? Bisognerebbe chiederlo al loro dt Brailsford».
Secondo lei alla fine chi vincerà?
«Non credo che Froome possa recuperare un minuto e mezzo di ritardo».
Sia sincero: per chi tifa?
«Per il migliore. E se sarà Thomas potrò dire che un altro mio ex corridore ha conquistato il Tour».
da La Stampa