Compie 80 anni oggi, 9 luglio, Federico Martin, detto 'Bahamontes', lo scavalcamontagne. Festeggia un valico di altura emblematico come uno dei suoi colli 'hors-categorie', quello scalatore spagnolo, 'l'aquila di Toledo', un fisico lungo e magro, che interpretò come nessun altro mai il Mito dello scalatore spagnolo. Fu il paradigma assoluto, Bahamontes, un nome da torero per quella figura da caballero triste, un po' Don Chisciotte, un po' estroso, un po' sfigato, di quegli scalatori spagnoli - Lorono, Jimenez, Soler... - che odiavano la discesa. Che un mondo in verticale avrebbero voluto. Che la discesa la facevano solo se accompagnati. Per sei volte miglior scalatore al Tour, un record che gli avrebbe strappato qualche anno fa Richard Virenque, che lui (abituato a gente come Gaul...) in salita forse non avrebbe mai visto tenergli la ruota, Bahamontes fu il primo spagnolo in assoluto a vincere il Tour: nel 1959. Allora correva per la Tricofilina, una squadra che propagandava una popolare brillantina per uomo, e che fu anche l'ultima scommessa in vita di Fausto Coppi, che ne fu il patron. Quell'anno, sarà stato il miracolo di Coppi, Bahamontes imparò finalmente ad andare forte - o almeno meno piano - anche in discesa. E cambiò la sua storia, e quella del ciclismo, in un giorno di luglio del 1959, sulle Alpi, sul Col de la Romeyere. Quel giorno, in fuga con Gaul, ebbe il coraggio di seguirlo senza tirare i freni in discesa, e piombare a Grenoble, davvero come un' aquila non condannata al senso unico della montagna. E conquistò la maglia gialla. Che avrebbe portato sino a Parigi. Spiccando il volo da quel fatidico Col de la Romeyere, dove sei anni prima, dopo aver staccato ovviamente tutti, si era fermato in vetta, per il timore di planare giù da solo, e si era andato a prendere un gelato in una bouvette: in attesa del resto del Tour. Perchè, a quel re delle montagne lì, al di là della salita, tutto il resto sembrava allora una noia tremendamente superflua. Anquetil e Bobet compresi. Gian Paolo PORRECA