Gian Paolo Ormezzano non c'è più. Ha posato la penna ed volato via. Aveva 89 anni e per una vita intera ha raccontato il mondo dello sport e il mondo attraverso lo sport, conservando sempre un posto speciale nel suo cuore per il ciclismo.
Proprio ieri mattina abbiamo pubblicato l'articolo che ha scritto per tuttoBICI di dicembre e pochi giorni fa ci ha mandato il pezzo per il numero di gennaio accompagnandolo con uno dei suoi messaggi geniali: «Casa allagata per scoppio caldaia, tre giorni al freddo, verso i 90, 14 stent, un pacemaker, 3 grossi covid in ospedale, di cui uno con brutta operazione ad aorta, gobba ladrona, Toro balordo, Evenepoel troppo jellato, patente scaduta e ora tentativo di rinnovo, insomma io straricco di belle cose. E vuoi che non ce la faccia a mandare il pezzo? A presto e w noi- gpo».
Impossibile raccontare una vita che non si trova tutta nemmeno nei suoi tanti libri, perché Gpo era semplicemente "di più". Impossibile rinchiuderlo in una classificazione, in una definizione, in una certezza: Gian Paolo sfuggiva, debordava, curiosava, scopriva, perennemente in contatto con giornali, colleghi sportivi e storie di tutto il mondo.
Aveva iniziato a scrivere da sempre, già alle elementari produceva pensierini per i compagni in cambio di mentine e dolcetti. Ha continuato a farlo durante gli anni del liceo e dell'attività sportiva, era un provetto nuotatore, fino ad arrivare alle prime marchette per i quotidiani, i primi passaggi in redazione, i primi servizi da inviato. Uno di questi, l'agonia e la morte di Fausto Coppi in quegli incredibili giorni di 65 anni fa, gli è rimasto per sempre nel cuore.
E poi la carriera da inviato, la direzione di Tuttosport con l'invenzione di un modo nuovo di fare giornalismo, il ritorno a La Stampa, decine di Olimpiadi, mondiali di calcio, mondiali di ciclismo, Giri d'Italia e Tour de France raccontati con un occhio particolare, indagatore, unico.
Collaborava con giornali del mondo intero: chi lo ha visto al lavoro in una qualsiasi sala stampa, scrivendo in italiano e parlando contemporaneamente al telefono in una lingua straniera a vostra scelta e magari fare cenni ad un collega che gli si rivolgeva in un terzo idioma ancora, può testimoniare la sua incredibile capacità.
È stato un giornalista geniale, Gpo, uno di quelli capaci di vedere oltre la semplice notizia, di intuire quel che sarebbe accaduto, di capire quale direzione avrebbe preso il mondo dello sport. Torinista fino al midollo, ha avuto tra i migliori amici di una vita Giampiero Boniperti, l'uomo che per 50 anni ha incarnato quel mondo Juve che Gp sportivamente detestava. Era amico d'infanzia di quel Livio Berruti che a Roma nel 1960 conquistò l'oro olimpico nei 200 metri e lo ha raccontato come nessuno mai. E con la gente del ciclismo, campioni famosi o umili gregari, ha condiviso storie, avventure e qualche volta anche il letto al termine di una tappa, come accadde al Tour.
Impossibile, lo ripetiamo, racchiudere in poche righe la vita di un gigante del giornalismo, espressione che di esagerato non ha davvero nulla. E ci piace allora chiudere con un piccolo episodio che ci riguarda: era l'aprile del 1995, tuttoBICI avrebbe visto la luce il mese successivo, Pier Augusto telefonò a Gian Paolo proponendogli una rubrica sul nostro mensile. Lui era il grande GPO - per me un mito, ero cresciuto scoprendo lo sport attraverso i suoi articoli ogni settimana su Il Giornalino - noi poco più che ragazzi pronti a lanciarci in una nuova avventura, ma ci ha detto subito di sì. Con entusiasmo e partecipazione. E da allora non ha mai mancato nemmeno un numero: per 356 mesi ci ha mandato il suo articolo, superando gli ostacoli di malattie, covid, computer in tilt, email impazzite e telefoni capricciosi. Anzi no, per la precisione gli articoli sono 357: il prossimo, l'ultimo, lo leggerete sul numero di gennaio. E sarà il nostro saluto al maestro. E ci perdonerà se lo chiamiamo così, maestro. Non gli piaceva, lo faceva sentire vecchio. Ma questo è stato per noi.
Ciao GPO e, come salutavi tu, per sempre "w noi".