Gianluca Brambilla è uno dei professionisti italiani più esperti: vicentino, classe 1987, Brambilla ha cominciato la sua 15esima stagione tra i professionisti dall’AlUla Tour chiudendo con un ottimo quinto posto nella generale. Il portacolori della Q36.5 Pro Cycling Team guidata da Douglas Ryder, all’attivo ha sei vittorie, tra le quali una tappa al Giro nel 2016 (in cui è anche stato Maglia Rosa per due giorni) e una alla Vuelta sempre nello stesso anno.
All’AlUla Tour hai chiuso in quinta posizione. Quali sono le tue sensazioni?
«Sto bene, quest’inverno mi sono allenato con costanza e già ai primi di gennaio avevo delle buone sensazioni. Lo scorso ann, invece, ero stato operato di appendicite e ho perso parecchio tempo. Con la squadra abbiamo deciso di cominciare presto la stagione e sono felice di quanto fatto all’AlUla Tour, speriamo di continuare così. Alla Q36.5 hanno molta fiducia in me e questo mi dà carica e morale».
Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti?
«Parto venerdì per Murcia e Jaèn, poi Gran Camino, Strade Bianche, Gp Indurain, Freccia del Brabante, Amstel e Freccia Vallone, questo per la prima parte di stagione».
Ti sei posto degli obiettivi particolari per quest’anno?
«Ogni anno me ne pongo, sono il motore che ti dà la forza per continuare ad allenarti ogni giorno. Mi piacerebbe tornare a vincere e cercare di fare più punti possibili, che oggi in questo ciclismo è quel che più conta».
Hai una lunga carriera alle spalle: qual è stato il momento più bello?
«Sicuramente la vittoria di tappa ad Arezzo nel 2016 con la conquista della Maglia Rosa: ci sono stati tanti altri bei momenti, ma quello resta unico e speciale».
E quello più complicato?
«Per arrivare in alto bisogna anche toccare il fondo e credo che il punto più basso sia stato a metà stagione del 2022: avevo degli accordi con la Trek che non si sono concretizzati e questo ha rischiato di far terminare la mia carriera. Vorrei ringraziare Johnny Carera che è riuscito a trovare una nuova sistemazione per farmi correre ancora qualche anno e Douglas Ryder che mi ha dato questa opportunità».
Com’è cambiato il ciclismo in questi anni?
«Sono cambiate tantissime cose, in particolare il modo di correre e l’alimentazione. Continuare ad essere competitvo è una sfida affascinante che voglo vincere».
In squadra invece che aria si respira?
«Io mi trovo molto bene, è una squadra attenta ai dettagli e per un atleta preciso come me è il posto ideale, sia a livello lavorativo che umano».
Con chi hai legato maggiormente?
«Sono un ragazzo che va d’accordo con tutti, quindi dallo staff ai compagni mi trovo molto bene. Mi hanno affidato Walter (Calzoni, ndr) che è un ragazzo giovane e l’ho preso a cuore. Spesso siamo in camera insieme e cerco di trasmettergli il più possibile della mia esperienza».
A fine stagione sarai felice se…
«Se mi sarò divertito. Alla base di questo lavoto ci dev’essere il divertimento, il resto viene di conseguenza».
Per quanti anni ti vedi ancora in gruppo?
«Non lo so con precisione, ma a 36 anni mi rendo conto che prima o poi arriverà il finale di carriera: al momento però non penso ad appendere la bici al chiodo».
Hai già pensato a cosa farai dopo?
«Mi piacerebbe restare nell’ambiente, quest’inverno avevo tempo e così ho iniziato a fare il corso da direttore sportivo».
Se non fossi stato un corridore, saresti stato?
«Ho studiato ragioneria, ma non saprei dirlo. Probabilmente sarei andato all’Università per studiare economia».
Qual è oggi il sogno nel cassetto di Gianluca Brambilla?
«A livello personale mi piacerebbe poter tornare al Tour e vincere una tappa, così da completare il mio bottino nei tre Grandi Giri. Più in generale invece vorrei che nel ciclismo ci fosse più rispetto per noi corridori».