Una bella intervista di Fabrizio Salvio su SportWeek di questa settimana. Un dialogo confidenziale tra un giornalista che viene dal ciclismo ma da sempre ama il calcio e che incontra il figlio dell'ex CT della nazionale italiana di ciclismo sui campi della Victor San Marino, squadra di serie D, con la quale l’anno scorso ha conquistato la promozione dall’Eccellenza e che ora è sorprendentemente secondo in classifica a quattro punti dal Ravenna.
Un botta e risposta tra Salvio e Stefano Cassani, primogenito di Davide, ex campione di ciclismo ed ex c.t. della Nazionale, che non ha avuto mai niente a che fare con la bicicletta: «Non ci sono mai salito sopra». Un rigetto? chiede Fabrizio Salvio. «No, per carità, il ciclismo mi piace. Da bambino, papà qualche volta mi ha portato alle sue corse. La prima che ho visto è stata il Giro dell’Emilia, con arrivo a Bologna. Quel giorno io compivo un anno e papà vinse. Poi sono stato a un Mondiale, a qualche tappa del Tour... Niente da dire, ma la mia passione era un’altra. Il calcio».
Quella passione l’ha trasformata in lavoro: oggi, a 34 anni, alla sua terza stagione da allenatore professionista, Cassani guida in Serie D la Victor San Marino. Domanda: cambierebbe qualcosa nello spogliatoio di una grande di Serie A? «È una domanda che non mi sono mai posto, perché in questo momento sarebbe proibitivo anche solo pensarci. Credo che a, prescindere dall’età e dall’importanza dei calciatori, per un tecnico sia importante stabilire con loro il giusto grado di empatia, per capirne le necessità. Poi, si sa, ci sono quelli che van- no coccolati, quelli che vanno aiutati, quelli che vanno spronati e quelli che vanno “attaccati”. Ma, alla fine, non esistono diplomi o patentini che tengano: ogni spogliatoio è diverso dall’altro, tutto dipende dal tuo modo di entrare in comunicazione con chi lo frequenta».
A proposito, qual è la tua idea di calcio? «Mi piace un calcio intenso, in cui si “faccia” e non si subisca la partita. De Zerbi è un punto di riferimento nella fase offensiva, in quella difensiva studio Gasperini e Juric, la loro aggressione a tutto campo, uomo contro uomo. Modulo base? 3-4-2-1 quando si attacca, quando si difende ci adattiamo alla costruzione avversaria». Quale è la squadra che oggi guardi più volentieri? «Il Mantova di Davide Possanzini e il Catanzaro di Vivarini, un allenatore che stimo davvero molto». Contano più le idee del tecnico o il talento dei calciatori? «Il talento del giocatore è fondamentale». In panchina sei Ranieri o Conte? Insomma: serafico o scalmanato? «Dipende da cosa hanno bisogno i ragazzi in quel momento. Ci sono delle volte che vanno per conto loro, attenti e concentrati, applicano alla perfezione quel che abbiamo provato in allenamento, e quindi io mi limito a osservare in silenzio». Hai incontrato Sarri, Pioli e visto lavorare Guardiola. «Di Sarri mi ha colpito la preparazione. Ascoltarlo parlare di calcio è un piacere: ne percepisci competenza e passione, la sua idea lo identifica. Quando vedi giocare una sua squadra, capisci che è sua. Ha uno stile inconfondibile. Pioli mi ha impressionato per l’intensità e l’organizzazione dei suoi allenamenti. Guardiola l’ho visto in un ritiro estivo a Riva del Garda: è straordinario per come riesce a farsi capire con poche parole. Sono stato pure da De Zerbi: è un fuoco, un vulcano». Papà Davide ha detto: “Gli ha sempre dato noia sentir dire: quello è il figlio di Cassani”. «Sono fiero di mio padre e di quello che ha fatto nel ciclismo. A darmi noia sarebbe una sua eventuale intromissione nel mio lavoro. Sono orgoglioso: non so dove riuscirò ad arrivare, ma so che voglio arrivarci da solo».