Anche Omar Di Felice, esperto atleta di ultracyclist e ciclista estremo con all'attivo molte spedizioni ed avventure tra cui la lunga traversata invernale del Ladakh in cui ha valicato alcuni dei passi himalayani più alti al mondo, è intervuto su quanto sta accadendo nella tredicesima tappa del Giro d'Italia 2023 e lo ha fatto affidando ai social una lunga riflessione che vi proponiamo integralmente.
«Non posso non intervenire visto il livello di ignoranza che sto riscontrando nei commenti in merito alla decisione GIUSTA E SACROSANTA di applicare da parte dell’organizzazione del Giro d'Italia l’Extreme Weather Protocol.
Introdotto dall’UCI nel 2016, prevede in sintesi la possibilità di riunire associazione corridori, team ed esperti in presenza di eventi e condizioni meteorologiche in grado di mettere a rischio la salute dei corridori (in primis) e dell’evento stesso (vi ricordo che al seguito del Giro ci sono motociclisti, piloti in ammiraglia, addetti TV e riprese, fotografi etc).
A causa dell’ondata di tempo avverso lungo le strade del Giro, dopo aver consultato esperti e cabine di monitoraggio meteo (non la zia Pina al bar sport che vorrebbe vedere i corridori morire in strada) si è deciso di tagliare una fetta consistente della tappa odierna limitandola agli ultimi 76 km.
Decisione giusta e sacrosanta: vi vorrei ricordare che siamo nel 2023 e non solo ci troviamo a condizioni emergenziali sempre più impreviste e incalcolabili ma abbiamo anche conoscenze e sensibilità diverse rispetto a quelle dei decenni passati.
Oggi una tappa come quella sul Gavia del 1988, PER FORTUNA, non si svolgerebbe.
E badate bene, non siete Voi a dover decidere se ci siano le condizioni di sicurezza o meno. Non è la zia Pina o nonno Mario che si affacciano alla finestra dicendo “si ma qua piove poco perché non partite brutti e antipatici ciclisti lavativi” ma una cabina di regia con esperti in merito.
Sono troppo “conservativi”? Beh nel dubbio meglio un rischio in meno che uno in più!
Vi ricordo che i corridori in primis e chi lavora al seguito del Giro, sono esseri umani come Voi che al primo mal di testa restate a casa mettendovi giustamente in malattia.
Hanno figli e famiglie da cui tornare, svolgono un lavoro già duro e sacrificante di suo, non devono “rischiare la vita” per il vostro egoistico divertimento nel vederli soffrire.
C’è un limite anche alla sofferenza di chi ha scelto come lavoro uno sport duro come il ciclismo.
Siate umani. 😉»