Non sono tutte nere le nuvole all’orizzonte per il ciclismo italiano. È vero, il cambio generazionale fatica a concretizzarsi, ma qualche ragazzo di buone prospettive c’è, va aspettato e fatto crescere. Uno dei nomi nuovi che, forse un po’ a sorpresa, si è preso la scena in questi primi due mesi di stagione, è quello di Walter Calzoni, neoprofessionista con la Q36.5.
Classe 2001, arriva da Sellero, in Val Camonica, e il suo percorso verso il professionismo è stato un po’ inusuale rispetto a tanti coetanei, visto che non è passato dalle formazioni satellite di team WorldTour, e non è nemmeno passato da quelle squadre italiane che di solito riforniscono le squadre professionistiche, tipo Colpack Ballan o Zalf Euromobil Fior. Calzoni, infatti, ha corso per tre anni con la Gallina Ecotek Lucchini Colosio, alternando gare nazionali ad altre nell’Est Europa. L’anno scorso aveva cominciato a farsi vedere nelle prime posizioni con più insistenza, vincendo un totale di 5 corse, comprese la Bassano-Monte Grappa e una tappa del Tour of Malopolska, in Polonia.
La Q36.5 è stata lesta e attenta nel cogliere le potenzialità del ragazzo, ma un inizio di stagione così convincente era difficile immaginarselo. Già alla Clasica Jaén Paraiso Interior, la cosiddetta Strade Bianche andalusa - dove è andato in scena il primo show stagionale di Tadej Pogacar - Walter era rimasto costantemente sulle ruote del primo gruppo inseguitore dello sloveno, ma è al Tour du Rwanda che ha messo in mostra tutto il suo repertorio.
Su otto tappe ne ha chiuse 7 in Top 10, con due secondi posti nelle frazioni più impegnative, ed ha chiuso al secondo posto anche in classifica generale, con lo stesso tempo del vincitore finale Henok Mulubrhan, che aveva conquistato due tappe.
Fuoco di paglia? Assolutamente no, perché a fine marzo si è piazzato ottavo alla Per Sempre Alfredo, arrivando col gruppo che si è giocato la vittoria, e poi nono nella classifica finale della Settimana Coppi&Bartali - dove occupava però il terzo posto prima di perdere diversi secondi nella cronometro conclusiva - con successo di tappa sfiorato a Longiano.
Walter, era prevista una partenza così sprint?
«Non me l’aspettavo, ma da quando sono in questa squadra e lavoro con il preparatore Mattia Michelusi sento di aver fatto un importante passo in avanti. L’ambiente è ottimo e questo mi ha permesso di inserirmi subito nella maniera giusta. Purtroppo la vittoria mi è sfuggita nonostante ci sia andato vicino molte volte, ma ho visto che ho le carte in regola per riuscirci nel futuro prossimo e non nego che mi piacerebbe sbloccarmi già quest’anno».
Sei partito fin da subito coi gradi di capitano o te li sei conquistati sulla strada?
«Inizialmente non ero io il leader, ma quando alla Clasica Jaén i corridori designati a fare la gara hanno detto al team di non stare benissimo, hanno affidato a me il compito di provare a stare davanti. Nonostante una foratura sono riuscito a rimanere agganciato ai migliori - tranne che con Pogacar ovviamente che aveva un’altra marcia - e alla fine ho chiuso undicesimo. Così al Tour du Rwanda mi sono guadagnato l’opportunità di provare a fare classifica e direi che è andata bene, visto che ho chiuso secondo con lo stesso tempo del vincitore. Alla Coppi & Bartali, invece, non dovevo neppure andarci, ma un mio compagno ha dato forfait e mi hanno convocato. Direi che è andata molto bene, sono andato forte quasi tutti i giorni; ho sofferto solo nella cronometro, che però non avevo praticamente mai fatto in vita mia».
Come sei riuscito ad assorbire così bene il salto tra i professionisti?
«Per me ha cambiato tutto avere un preparatore che ti guida, ti prepara tabelle specifiche e capisce che tipo di lavori vanno bene per te. Fino all’anno scorso, di fatto, mi arrangiavo».
Come mai?
«Semplicemente perché in Gallina Ecotek non ne avevamo uno. C’era l’allenatore che ci dava delle dritte, ma non avevamo schede personalizzate, non c’era questa attenzione a numeri e valori. E la differenza di approccio l’ho sentita subito».
Già l’anno scorso in Gallina Ecotek, comunque, avevi cominciato a prendere confidenza con le posizioni di vertice.
«Sì, nel 2022 avevo cambiato marcia, avevo vinto qualche corsa e nel complesso era stata una buona stagione. Però ora ho fatto un ulteriore passo in avanti».
Era qualche anno che la Gallina Ecotek Lucchini Colosio non lanciava un suo corridore direttamente tra i professionisti. Immaginiamo la felicità di vederti battagliare a questi livelli.
«Sì, sono sicuramente felici di vedermi già così competitivo. Conoscevano bene le mie qualità, ma credo che nemmeno loro si potessero aspettare un inizio così positivo».
Che impatto hai avuto con la Q36.5?
«L’ambiente è ottimo, sono stato accolto bene, sono sempre pronti a venirti incontro in caso di necessità o problemi - che per fortuna ancora non ho avuto - e soprattutto non ti mettono addosso tensioni e pressioni. Il mio punto di riferimento tra i direttori sportivi è Gabriele Missaglia, ma nel complesso vado d’accordo con tutto lo staff e tutti i corridori. Hanno un progetto a lungo termine e per un ragazzo come me ad inizio carriera è davvero l’ideale per lavorare in serenità».
Adesso a quali gare ti vedremo?
«L’unica cosa certa al momento è che farò il Giro di Sicilia a metà aprile. L’inserimento all’ultimo minuto della Coppi&Bartali ha cambiato un po’ i piani e i carichi di lavoro inizialmente previsti. Quindi il calendario di massima che avevo andrà rivisto, e non l’abbiamo ancora fatto».
In queste prime uscite hai capito in quale terreno puoi toglierti le migliori soddisfazioni?
«Mi definisco uno scalatore, ma sono rimasto piacevolmente colpito dal fatto di riuscire a difendermi anche su percorsi un po’ meno duri e addirittura sullo sterrato. A Jaén avevo avuto buoni segnali, confermati dalle Strade Bianche, dove ho avuto un problema meccanico che mi ha rallentato, ma alla fine non sono arrivato troppo lontano dai primi. In futuro vorrei veramente provare a fare bene. Volata? Mi difendo, e posso diventare competitivo se la strada tende all’insù. Gli arrivi in cima agli strappi mi piacciono».
C’è qualche gara alla quale vorresti partecipare già quest’anno?
«Ovviamente per quest’anno non ci sono obiettivi specifici, se non quello di accumulare più esperienza possibile. Pian piano, col passare dei mesi e degli anni, spero davvero di farle tutte. Ma se devo dirne una, quest’anno mi piacerebbe provare a fare la Freccia Vallone, credo che il Muro di Huy e un finale così esplosivo possano essere adatti alle mie caratteristiche. Conferme o smentite, però, me le potrà dare solo la strada».
Per chi non ti conoscesse, come e quando hai cominciato ad andare in bicicletta?
«Ho cominciato a 7 anni, da G2, giocavo a calcio, ma non faceva per me. Alcuni amici del mio paese correvano in bici e la squadra era gestita proprio da alcune persone che conoscevo. Così coi miei genitori siamo andati a parlarci e lì è cominciato tutto. Non ho mai vinto tanto, però ottenevo risultati tali da invogliarmi ad andare avanti. Quando sei un bambino fatichi ad immaginare il tuo futuro, ma il sogno di diventare professionista l’ho sempre coltivato».
Quando hai capito di poter diventare un professionista?
«Direi solo lo scorso anno. Nel 2021 avevo partecipato con la maglia della Nazionale al Memorial Pantani coi professionisti e lì mi sono accorto che avevo ancora tanto da lavorare per sperare di passare coi grandi. Nel 2022, però, ho fatto un salto di qualità e anche nelle apparizioni coi professionisti mi sono sentito a mio agio. È il mio primo anno con un preparatore atletico, quindi spero di avere ancora margini di miglioramento».
Hai una corsa dei sogni?
«Mi piacerebbe vincere qualche tappa di un Grande Giro. La classifica generale non so se sarò mai in grado di vincerla, ma aspettiamo e vediamo. Come detto, la strada darà i verdetti».
Idoli?
«Beh, per forza di cose, corridori come Van der Poel e Pogacar non puoi non ammirarli. La voglia di rischiare, di attaccare da lontano, di dare spettacolo. La vittoria di Mathieu alla Sanremo è stata incredibile».
Sceso di sella, che ragazzo è Walter Calzoni?
«Normalissimo. Sono un amante degli animali, mi piace fare lunghe passeggiate col mio cane. La mia famiglia, poi, ha un po’ di terreni dove viviamo e, se non fossi riuscito a diventare professionista, mi sarebbe piaciuto provare ad aprire un’azienda agricola. Ma, appunto, parliamo di qualcosa che al momento è solo immaginazione».
Se dovessimo chiamarti a fine stagione cosa ti piacerebbe poterci dire?
«Beh spero mi chiamiate per farmi le congratulazioni per l’ottima stagione. Anzi, se mi chiamate anche durante l’anno vorrà dire che tutto sta andando bene».
da tuttoBICI di aprile