Giovanni Cuniolo, “Manina”, ma anche Giancarlo Martini azzurro fra i dilettanti, mai professionista, che a 23 anni appese la bici al chiodo. Costante Girardengo, il primo “Campionissimo”, ma anche Defendente Fracchia, che sfiorò la mitica Siof, quella di Carrea e Milano, il vivaio della Bianchi, e che a novant’anni continua a uscire in bici tutti i giorni. Fausto Coppi, “l’Airone”, ma anche Amleto Giarola, che alla Milano-Sanremo del 1932 fu misteriosamente investito da un’auto al seguito della corsa, e quell’incidente gli troncò la carriera, e pure la gamba sinistra sopra il ginocchio.
Alessandria era il centro del mondo a pedali. Per le case costruttrici (dalla Maino alla Fiorelli), per i pionieri (dall’industriale Carlo Michel al giornalista Eliso Rivera), per le società (a cominciare dal Circolo velocipedisti alessandrino, anno di nascita 1886), per le corse (la Milano-Alessandria-Milano nel 1906, primo Giovanni Gerbi, “il Diavolo Rosso”), per la stessa città (nel 1888 fu costruito il primo velodromo con le curve sopraelevate, il quartiere ne avrebbe ereditato il nome, “Pista”), ovviamente per i corridori. Franco Bocca ha scritto “La terra dei Campionissimi” (Hever, 256 pagine, 20 euro), storie e personaggi del ciclismo alessandrino.
E’ un’affettuosa, documentata, agile, piccola e preziosa enciclopedia di quella capitale del ciclismo mondiale fra Ottocento e Novecento. Bocca affianca ritratti a interviste, statistiche a testimonianze, aneddoti a curiosità, schegge di agonismo ad affreschi di famiglie. E siccome la bici accomuna e affratella, fa gruppo e letteratura, ecco che accanto a un mecenate come Tarcisio Persegona (“Quando avevo 13 anni facevo le gare senza allenarmi perché in casa non c’era la passione e soprattutto c’era bisogno di lavorare”) brilla un alessandrino d’importazione come Imerio Massignan (che in viaggio di nozze andò a Lourdes “per pregare la Madonna che facesse il miracolo di farmi tornare a correre” dopo una nefrite).
E’ l’occasione anche per ripubblicare l’intervista che Girardengo concesse a Bocca dopo la Milano-Sanremo del 1974 (“Quando correvo non sono mai andato a letto dopo le dieci e in vista degli appuntamenti più importanti consideravo la mia povera moglie come una sorella. Mi spiego?”), per resuscitare la prima volta che il Giro d’Italia arrivò ad Alessandria (l’8 giugno 1929: “Binda, che non aveva potuto rispondere subito all’allungo di Piemontesi, si liberò dalla morsa degli avversari e proprio in extremis rimontò il novarese a velocità doppia e colse l’ennesimo successo, davanti a Piemontesi, Negrini e Bianchi”, poi però i primi tre furono declassati per scorrettezze), per ricordare “la maglia nera” del tortonese Luigi Malabrocca (da dilettante “una volta io forai e Fausto Coppi voleva addirittura darmi la sua bicicletta. Finì che la giuria ci squalificò entrambi”).