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I VOTI DI STAGI. HINDLEY VOLA LEGGERO, CICCONE SALE PESANTISSIMO E LANDA... SI FACCIA BENEDIRE
di Pier Augusto Stagi | 15/05/2022 | 19:04

Jai HINDLEY. 10 e lode. Sia chiaro, questo ragazzo australiano di 26 anni è sempre stato considerato una bella promessa: soprattutto da Umbertone Di Giuseppe, uomo di riferimento e anima del Team Aran Cucine, dove Jai è passato qualche anno fa. Si era fatto notare al GP Capodarco, piazzandosi poi quinto al Tour de l’Avenir e terzo al Giro d’Italia U23, con vittoria di tappa a Francavilla al Mare. Era uno dei pupilli dell’academy della Mitchelton-Scott, insieme a Lucas Hamilton, Robert Stannard e Michael Storer, ora è uomo di punta della Bora Hansghrohe che ha investito su di lui fino alla fine del 2024. Nativo di Perth, aveva l’Italia nel suo destino, visto che nel 2015, a 19 anni, ha fatto le valigie e si è trasferito in Abruzzo per correre con Umbertone, un’istituzione nel ciclismo dilettantistico, un uomo di peso: in tutti i sensi. Lì è stato un anno, si è immerso nella cultura italiana, anche se ancora si vergogna a far vedere quel che sa di italiano. Oggi su quelle strade che l’hanno tenuto ciclisticamente a battesimo si è consacrato, palesandosi al mondo, con una vittoria di tappa di peso, che lo rende leggero come una piuma.

Romain BARDET. 9. Osserva, controlla, risponde sempre con grande lucidità e attenzione. Non getta via una sola pedalata, dimostrando grande condizione, ma anche grande intelligenza.

Richard CARAPAZ. 7. Squadra da 9, con Richie Porte in testa, l’ecuadoriano è bravo, ma non bravissimo. Forte ma non fortissimo, come se avesse ancora una sorta di limitatore di velocità, come se dovesse ancora carburare per arrivare ad avere il motore a pieno regime.

Mikel LANDA. 9. Ci sono momenti negativi e altri sfortunati (guasto meccanico, caduta, salto di catena, problemi ad una scarpetta), quando però gli eventi – negativi e sfortunati – si coalizzano con regolarità preoccupante, è chiaro che arriva il momento di prendere il toro per le corna e provare a cambiare il corso delle cose. Forse è consigliabile fare una deviazione di percorso verso Lourdes. Invece lui non fa nulla di tutto questo, se non rientrare in gruppo e rimanere là appiccicato con i primi, con Carapaz e compagnia pedalante. Tappa sontuosa, dopo una giornata di sofferenze, in cui era più facile sbattere la bicicletta in una scarpata che arrivare al traguardo.

Joao ALMEIDA. 8. Soffre, soffre tantissimo, ma non demorde: mai. Vorrebbero farlo fuori, quei tre là che nel finale sono all’attacco (Landa, Carapaz e Bardet), ma il portoghese ha una tempra di ferro, anche se alla fine arriva con gambe di piombo.

Domenico POZZOVIVO. 9. Incantevole e incredibile, soprattutto indomabile e chi più ne ha più ne metta. Fa una corsa pazzesca, conservativa e di resistenza, e arriva con la nobiltà di questo Giro. E dire che per trovare un contratto – dopo l’inaspettato addio della Qubeka – ha dovuto penare molto più di oggi e, grazie al cielo, sulla propria strada lui e il suo procuratore Raimondo Scimone hanno trovato l’interesse di Valerio Piva e della sua Intermarché. Domanda: come è possibile rinunciare ad un corridore che va ancora così forte in bicicletta? Una domanda che attende risposta, non certo dal sottoscritto.

Emanuel BUCHMANN. 7,5. Il 29enne compagno di squadra di Hindley vive anche lui una giornata molto importante. Uomo per tutte le evenienze e per quello che verrà.

Vincenzo NIBALI. 9. Ha la “cazzimma” di sempre e lotta come un ragazzino. Ha già detto che questo sarà l’ultimo Giro, l’ultima stagione, ma non è l’ultimo arrivato, perché sulla casa di pietra ci arriva per ottavo, ad una trentina di secondi dal vincitore. Applausi a lui, a Valverde, a Pozzovivo, sinceri e meritati, ma anche in questo caso qualcuno qualche domanda dovrebbe farsela.

Juan Pedro LOPEZ. 7. Fa tutto da solo in una tappa nella quale alla fine resta davvero da solo. Lo dico con il massimo rispetto possibile: ma uno con lui no? Tutti dietro con Ciccone? Va bene, ne prendo atto: così è stato scelto e così è stato fatto. Lui, il ragazzo spagnolo con il talento scritto nei cromosomi e non solo sui giornali, si difende da par suo e alla fine resta in rosa. Trionfo!

Natnael TESFATSION. 7. Il bimbo della Drone Hoper Androni Giocattoli rischia troppo in discesa, e finisce dritto nel verde. Gli va bene e vede anche bene, una via di fuga, prima che la caduta possa rivelarsi più grave di quanto sia in realtà. Ma in ogni caso, merita un bel voto per il coraggio.

Giulio CICCONE. 4. È atteso, attesissimo, e conoscendolo anche lui si attendeva tantissimo da questa tappa sulle sue strade, tra la sua gente. Niente da fare, vive una giornata negativa, brutta, da dimenticare in fretta. Si arrende ai -13 dalla fine, quando il gruppo è ancora corposo, polposo, eccessivo. Non è un bel segno per lui, per la Trek Segafredo, per noi.

Diego ROSA. 7. Il piemontese della Eolo Kometa ha chiaramente ritrovato voglia e entusiasmo e disputa una tappa di assoluto livello, attaccando fin dal primo mattino da solo e poi con Jonathan Caicedo (EF Education Easypost), Filippo Zana (Bardiani CSF Faizané), Felix Gall e Nans Peters (Ag2r Citroën), Eduardo Sepulveda e Natnael Tesfatsion (Drone Hopper Androni Giocattoli), James Knox (Quick Step) e Joe Dombrowski della Astana Qazaqstan. Nel finale paga lo sforzo, la strada, ma queste giornate all’aria aperta pagano sempre. Per Diego un’altra bella iniezione di fiducia, in attesa di fare il pieno.

Pello BILBAO. 17. Forse è il caso che i ragazzi del Team Bahrain Victorios vadano a farsi benedire. Oggi Pello finisce quasi subito a Pello di leopardo per terra. Non il miglior modo di incominciare una tappa che doveva lasciare il segno, ma che poi lascia i segni. Però, al pari di Landa, dimostra di avere la scorza dura e di essere pronto, anche lui, alla battaglia.

Guillaume MARTIN. 6,5. Sa scrivere, sa parlare, sa soprattutto ragionare e questo lo si vede anche quando è in sella alla propria De Rosa.

Wilko KELDERMAN. 4. L’olandese abbandona i suoi sogni di gloria, e scivola all’indietro, lasciando davanti due che vanno molto più forte di lui.

Simon YATES. 17. Parte con un ginocchio gonfio e malconcio, come questa mattina ci aveva raccontato con grande sincerità il team leader Brent Copeland. C’è poco da dire e recriminare, a questo punto c’è solo un obiettivo: provare a sistemare il ginocchio e recuperare, per poi inventarsi qualcosa, anche se nel ciclismo con la fantasia si può fare qualcosa, ma non tutto.

Davide BAIS. 17. L’attaccante della Eolo Kometa viene attaccato. Non da Carapaz e nemmeno da Dumoulin, ma da un insetto maligno e carogna, che lo punge al polpaccio sinistro. Dolore tremendo… come direbbe Massimo Boldi, ma c’è pur sempre lui, l’angelo dei corridori, il dottor Massimo Branca - dell’equipe medica del Giro diretta dal professor Giovanni Tredici -, che sornione e silenzioso come un calabrone depone pomate alla bisogna per lenire il fastidioso attacco. Dal buio di un futuro distopico, al presente di una luce neonica.

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