Si chiama Tomas Van Den Spiegel ed è il CEO di Flanders Classics. Arriva dal basket e con i suoi 214 cm di altezza vuole riscrivere le leggi del ciclocross. Presidente della Lega Europea del Basket, nel suo passato ci sono sia la l?eurolega vinta con il CSKA Mosca che un trascorso in Italia prima a Bologna, poi nella Virtus Roma e per finire nell’Olimpia Milano. Non ha mai corso in bici, ma è possibile incontralo, con stivali di gomma regolamentari, nelle gare di ciclocross: una grande passione che lo ha portato a pensare ad una nuova era del nuovo ciclismo invernale, la dimensione 2.0.
«Dobbiamo reinventare il ciclocross – ha detto Van den Spiegel alla stampa belga –, dobbiamo diventare gli autori di una vera rivoluzione di questo sport». L’Intento di Van Den Spiegel è quello di rendere più moderno e professionale questo sport, rivedendo il sistema delle tasse di iscrizione e dando una sfoltita a un calendario che considera poco internazionale.
Il numero uno di Flanders Classics, società organizzatrice anche dell’ultimo Mondiale di ciclismo su strada e del Giro delle Fiandre, lo scorso anno non ha perso una sola gara di ciclocross e quest’anno ha girato gli Stati Uniti in lungo e in largo, per capire come funziona questo sport dall’altra parte dell’oceano. «Ho visto solo la prima gara a Waterloo, anche se mi sarebbe piaciuto vedere anche quella di Fayetteville; ma a causa del mio programma molto intenso non ci sono riuscito. In 4 giorni ho praticamente attraversato il Paese».
Il numero uno del ciclismo in Belgio ha potuto subito notare come l’approccio del pubblico alle gare negli Stati Uniti sia completamente diverso da quello europeo e ancora di più da quello fiammingo. «E’ diverso andare in un Paese dove la gente segue il ciclocross stando seduti. Praticamente ci troviamo di fronte ad approcci molto locali sia nel modo americano che nel nostro. Dobbiamo lavorare affinchè tutto venga rimodellato entro i prossimi 5 anni, cercando di prendere il meglio da ogni realtà».
Van Den Spiegel, che gli Stati Uniti li conosce bene, vuole cercare di prendere il meglio da questa organizzazione che a gennaio ospiterà il mondiale di ciclocross e allo stesso tempo guardare al mondo britannico, dove un atleta su due della National Cycling Federation è un ciclista di ciclocross. «Forse c'è un modello di partecipazione che non abbiamo mai sfruttato. Negli ultimi venti o trent'anni, nelle Fiandre siamo stati viziati da tanti corridori top e da competizioni storicamente belle. Ma le cose cambiano: non solo dobbiamo competere con altre discipline ciclistiche, ma anche con altri sport e con nuove forme di intrattenimento. Quindi, se vogliamo che gli eventi legati al ciclocross diventino tra i più seguiti, dobbiamo guardare a un sistema rivolto al futuro».
L'ex campione del basket spesso è stato criticato dal mondo delle due ruote con l'accusa di non aver mai praticato ciclismo. «Non devo essere stato un corridore su strada o di ciclocross per vedere cosa sta succedendo nel panorama sportivo in questo momento. Il ciclocross sta andando alla grande in televisione e abbiamo ottimi elementi per credere che questo sport possa essere tra i più seguiti nei prossimi 15 anni».
Van Den Spiegel, ha trovato il suo soggiorno negli Stati uniti molto istruttivo ed ha potuto fare dei confronti con la realtà belga ed europea. «C'erano 6.000 persone a Waterloo, questo vuol dire che c’erano molte più persone che in alcune gare che si fanno da noi nelle Fiandre. Il mercato americano è importante. Ci sono investitori importanti come la famiglia Walton con la sua catena di supermercati Walmart, sponsor principale dei Campionati del Mondo, ma anche Trek, con il suo mercato della bicicletta, che investe molto nel ciclocross. I nostri corridori sono molto popolari in America. Conoscono bene Lucinda Brand e Sven Nys è ancora una leggenda in questi territori, ma apprezzano molto anche Eli Iserbyt e Quinten Hermans».
Per il Ceo di Flanders Classics la parola d’ordine è l’internazionalità, ovvero diminuire le tappe dei grandi eventi in Belgio, per aumentarle in altri Paesi e poi rivedere il sistema delle tasse.
«Abbiamo troppe corse in calendario nelle Fiandre. Dobbiamo trasfrmare tutto in un prodotto internazionale, che porterà più soldi rispetto ad oggi. Il sistema così com'è ora non è più di questo tempo».
Per il dirigente belga vanno rivisti anche i sistemi di organizzazione delle squadre, per evitare perdita di risorse e permettere ai team di gratificare al meglio i loro corridori, attraverso i premi in denaro.
«Come organizzatore non ho problemi a pagare le squadre. Più alta è la categoria della corsa, più paghiamo. Ma penso che ci sia la necessita di definire meglio i team, perché è un po' troppo facile fondare una squadra. Se noi organizzatori paghiamo meglio le squadre, le squadre dovrebbero vedere come premiare meglio i loro corridori, dobbiamo imporre una serie di condizioni di facile attuazione per i team». In pratica, bisogna andare verso un sistema più simile a quello del calcio, in modo da poter avere più fondi da investire, di cui una parte destinata ad aumentare gli ingaggi delle squadre.
Sono 32 le gare ufficiali in calendario: World Cup, Superprestige, X2O e poi ci sono i Campionati Nazionali, gli Europei e i Mondiali, per passare alla Ethias Series e alle gare senza classificazione. «La stagione del ciclocross ha inizio a settembre e va avanti fino alla seconda metà di febbraio. Ogni domenica dal 10 ottobre e fino alla domenica prima del Mondiale c'è una gara che si corre vicino ad una tappa di Coppa del Mondo. Non dovrebbe essere sempre così in futuro». Per chiarire, sabato si è disputata una tappa del Superprestige a Ruddervoort e domenica si è corsa una prova di Coppa del Mondo a Zonhoven, sempre nelle Fiandre.
Il ciclocross a livello mediatico è stato aiutato dalla presenza di corridori importanti come Mathieu van der Poel, Wout van Aert, Tom Pidcock, che però, visti gli impegni su strada, correranno meno gare di ciclocross. «Con Mathieu, Wout e Tom, ora abbiamo le risorse che possono dare al ciclocross un grande appeal internazionale. Voglio ricevere il loro feedback, così come quello di Eli Iserbyt e Sven Nys per sapere cosa possiamo migliorare insieme. Dobbiamo poi ringraziare tutti gli organizzatori delle corse, che nonostante il Covid e la mancanza di pubblico, hanno continuato ad organizzare gare per tutta la gente che stava a casa».
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