Caro Direttore,
nella vita occorre schierarsi: a mio modo di vedere, il non decidere da che parte stare ha il solo significato di una resa incondizionata all'ignavia. Termine desueto, ma che porta l'inevitabile conseguenza di essere destinati all'Inferno. Non lo dice un bischero, ma quel bel tipo di Dante Alighieri in un libriccino che ha nome "Divina Commedia". Roba seria, è la definizione più prosaica e banale che possa formularsi.
Fatte le inevitabili e debite distinzioni, reputo che anche la Disciplina del Ciclismo, quello vero che è professione ardua e quotidiano duro lavoro, sia una questioncella da non prendere così alla leggera. Nonostante i tempi siano cambiati, e con gli anni siano mutate anche le forme e i "connotati" del cosiddetto Sport del Pedale, permango motivatamente dell'avviso che fare ed essere un Ciclista Professionista non sia proprio agevole, o addirittura scontato.
Nell'esprimere una valutazione, che mai può essere un giudizio, men che meno inappellabile od incontestabile, ritengo tuttora inscindibili cosucce come la testa, il "cuore" e le "gambe", l' esperienza e, non da ultimo, il palmares (così diceva chi la sapeva lunga, e così amo ancora dire) di un Corridore.
Con tutta la stima e l'ammirazione che è giusto riservare ad una gioventù che, anche a suon di belle prestazioni, ambisce legittimamente al potere e a scalzare le gerarchie, ma anche con l'innegabile e oggettiva differenza che balza agli occhi di chi, almeno un po' affaccendato in... faccende Ciclistiche, voglia veramente vedere e non limitarsi a guardare, c'è ancora e tuttora una bella differenza tra Giulio Ciccone e Vincenzo Nibali!
Lo svolgimento, contrastato, di una gara importante finchè si vuole com'è quella che assegna il Titolo Tricolore, non fa pressochè testo quando si devono poi ponderare il peso e la cifra agonistiche, e il riconnesso valore, in un'ottica Azzurra di partecipazione all'imminente rassegna Olimpica. Insomma, nella limitatezza degli atleti ammessi, se vuoi ambire ad un risultato importante, e una scelta, ovviamente difficile, ha da farsi tra l'emergente Giulio Ciccone e il campione Vincenzo Nibali, veterano di tante "battaglie" ma non certo ancora bolso e demotivato (vieppiù in una gara di un giorno dal percorso esigente), mi permetto di affermare che ben farebbe (e farà, di sicuro) il C.T. Davide Cassani a riflettere mille e più volte prima di lasciare a casa l'orgoglioso e indomito Campione messinese.
Soprattutto a fronte di una "potenza di fuoco" dell'attuale Ciclismo Nazionale che, a dirla tutta brutalmente ma con franchezza, lascia alquanto a desiderare, come in modo argomentato hai scritto tu stesso, caro Direttore.
Nibali non merita il rispetto dell’anzianità, che sovente sa tanto di compassionevole deferenza: con questi argomenti non vai molto lontano in una gara ciclistica. Vincenzo Nibali merita di vestire la Maglia Azzurra perché, fino a prova contraria, negli appuntamenti che contano è una freccia da avere sempre in faretra. Merita le Olimpiadi perché, alla fine della giostra, Decoubertin è da tempo morto e sepolto: non conta poi molto partecipare, conta vincere o, comunque, dimostrarsi all'altezza della Maglia che si indossa per l'intero Paese. Affermare che Vincenzo Nibali è un vincente non è un'eresia, ma la semplice verità. E della verità non si può fare a meno, nè si deve avere mai timore delle conseguenze.
Cordialmente
Fiorenzo Alessi