Abbiamo molto ammirato l'intervento di papa Francesco che ha reso omaggio a “Pep” Guardiola, l'allenatore del Manchester City, per il suo deferente bacio alla medaglia dello sconfitto, dopo la finale di Champions persa l'altro giorno contro il Chelsea (da perdente, sia pure almeno da secondo).
Fatta salva questa valutazione, e apprezzando da sempre - quantomeno dagli esemplari discorsi al Giubileo dello sportivo, nel 1984 e nel 2000, di papa Wojtyla - , l'impegno del mondo religioso nei riguardi dello sport, pure una osservazione da umile fedele ci viene spontanea.
Fermo restando la perplessità di fondo sul perchè un Dio (nella dominante italica versione calcistica) debba essere per forza argentino o italiano, maradoniano o buffoniano, e non per esempio brasiliano (taffarelliano) o anche bulgaro (stoichkoviano, poniamo), vorremmo che una convinta lettura dei principi del Vangelo fosse rivolta anche, e da chi lo può infinitamente meglio di noi, ad altre discipline dello sport olimpico.
E così vorremmo tanto che i collaboratori di papa Francesco gli raccontassero della parabola del Buon Samaritano, rivisitata senza essere paludata da omelia, al tempo del Giro d'Italia 2021.
George Bennett, il capitano neozelandese che torna indietro dopo il traguardo e va incontro a Edoardo Affini, un italiano suo gregario in difficoltà, e se lo scorta nelle ultime rampe dell' impervio Zoncolan... O ancor più, Damiano Caruso, quel modesto luogotenente siciliano che ha illuminato di semplicità il Giro 2021, che ringrazia con una pacca sulle spalle lo spagnolo Pello Bilbao, il compagno di squadra che si fa più in là dopo avergli scandito il tempo per cento chilometri di attacco in discesa e in salita, sono l'emblema di quanto forte, di quanto vigoroso in terra, possa essere l'uomo dello sport.
E sia pure fatto onore a Guardiola, i secondi saranno i primi, per gli ultimi il calcio dei potenti si attrezzerà, ma altresì si renda leale omaggio ai centurioni del ciclismo. “Quello sport che più di ogni altro avvicina l'uomo a Dio”, come scriveva Bruno Raschi, che ben conobbe, per una educazione in seminario, tanto Dio quanto il Ciclista e lo Sport. E la cui lettura a papa Francesco, da devoti, consigliamo.
Prima che tutto, dal falso podio di qui, precipiti ulteriormente in basso.
Gian Paolo Porreca
da 'Lettere al Mattino', Il Mattino, 7 giugno 2021