Tadej Pogacar è pronto a riattaccare il numero alla schiena e non vede l'ora di farlo. Il vincitore del Tour de France 2020, il più giovane della storia a trionfare alla Grande Boucle ci parla dagli Emirati dove si sta allenando con i compagni della UAE Emirates in vista del debutto stagionale, che per lui avverrà all'UAE Tour. Avrebbe dovuto iniziare il 2021 a fine mese alla Challenge Mallorca, tra le corse rimandate a causa della pandemia, che un anno fa ha vinto e della quale avrebbe voluto difendere il titolo, come punta a bissare quella maglia gialla che volente o nolente lo ha catapultato in un'altra dimensione.
Tadej hai sempre detto che la fama non ti avrebbe cambiato, che saresti rimasto il ragazzo con i piedi per terra che conosciamo, ma come si fa a volare “basso” con tutta l'attenzione mediatica che ti ruota attorno?
«Dopo la vittoria al Tour qualcuno mi ferma in strada per una foto, ho più obblighi con gli sponsor, ricevo maggiori richieste dalla stampa, ma io cerco di non stressarmi troppo e di proteggere la mia vita di prima, quella di sempre. Non ho fatto acquisti esagerati, continuo a vivere nel piccolo appartamento che condivido con la mia fidanzata (Urska Zigart, da quest'anno alla BikeExchange, ndr), svolgo il mio lavoro con la stessa passione. Ai miei compagni ho regalato un bell'orologio e io mi sono concesso un paio di buone cene fuori, niente di più. Ho 22 anni, non mi serve altro».
Temi di fare come Egan Bernal, di passare da un anno con l'altro dalle stelle alle stalle?
«Sì, questa è la mia unica paura. Il mio terrore è sempre stato di non migliorare da una stagione all'altra o di incappare nella sfortuna. I guai fisici possono capitare a chiunque, basta una stupida caduta o un incidente e ti ritrovi a terra, nel ciclismo come nella vita. Essendo inutile preoccuparsi di ciò che non si può prevedere e prevenire, resto concentrato sui miei obiettivi e convinto di avere tutte le carte in regola per continuare a crescere».
Tanti campioni dopo aver raggiunto l'apice faticano a trovare la motivazione necessaria per continuare a compiere i sacrifici necessari per restare al top. Tu stai svolgendo una preparazione mentale o hai adottato altri accorgimenti per alimentare la tua “fame” di vittoria?
«Non ne sento il bisogno. Sono consapevole che ripetersi è molto più duro che vincere una prima volta, ma mi sto allenando al meglio per difendere il titolo e con il supporto della squadra, se la malasorte non ci metterà lo zampino, non abbiamo nulla da temere. Personalmente ho più motivazione di prima. Voglio dimostrare che posso fare ancora meglio di quanto sono riuscito nel 2020».
Saranno felici i tuoi avversari.... A proposito, avrai sentito le accuse mosse da Primoz Roglic e Tom Dumoulin sul tuo exploit nella cronometro della Planche de Belle Filles nel documentario realizzato dalla tv olandese NOS. Vuoi replicare?
«Hanno parlato sul momento, a “caldo”, presi probabilmente anche dalla delusione di essersi visti sfuggire la vittoria a un passo da Parigi. Quel che è certo è che la mia prestazione non ha nulla di incredibile, può essere stata inattesa ma non stupefacente. Al di là dei numeri bisogna guardare lo scenario a 360°. Io ho vissuto una grande giornata perchè l'ho preparata al meglio, dall'ammiraglia mi hanno guidato alla perfezione, abbiamo svolto un cambio bici rapidissimo e non abbiamo lasciato nulla al caso. Non c'è altro da spiegare. Primoz e i suoi compagni hanno corso a loro modo, non sono io a dover dire se hanno commesso errori tipo sottovalutarmi o meno, di sicuro io non ho mai smesso di attaccare e, a conti fatti, ho fatto bene».
E a chi dice che la tua squadra non è all'altezza della Jumbo Visma cosa rispondi?
«Tanti hanno scritto che al Tour ho vinto da solo ma non è così. Come gruppo siamo stati sfortunati: De La Cruz si è infortunato il primo giorno, Aru non è andato oltre l'ottava tappa, Formolo si è rotto la spalla, se non avessimo avuto questi problemi non ci sarebbe nemmeno motivo per parlarne. Detto questo, sono fiducioso di avere una squadra all'altezza per ripetermi nella prossima stagione. Con una preparazione ancora migliore e i 4 uomini in più che sono arrivati a rinforzare il team potremo tenere sotto controllo gli attacchi che il “campione in carica” deve attendersi e prenderci la responsabilità di controllare la corsa. Il Team UAE sta migliorando anno dopo anno, con i nuovi compagni vado d'accordo, ci stiamo conoscendo e allenando assieme in questi giorni al caldo. Non abbiamo nulla da invidiare a nessun'altra squadra».
Cosa ne pensi del percorso del Tour 2021?
«Non sono ideali per me le due crono piatte in programma, una è piazzata molto presto nelle tre settimane e potrà pesare sull'andamento della corsa. Il tracciato è totalmente diverso rispetto all'anno scorso e correremo in un altro periodo dell'anno. Sarà una sfida dura, per la quale sto già lavorando con scrupolo. Abbiamo migliorato la mia posizione a cronometro e gli allenamenti specifici contro il tempo ora fanno parte del mio programma. Sono il campione uscente ma ci saranno tanti papabili alla vittoria».
Non c'è però solo il Tour. Ti va se parliamo di altro?
«Molto volentieri. Il passato è importante e me lo tengo stretto ma per carattere sono uno che guarda avanti e non alle spalle. Che senso ha: quel che è stato è già successo e non può cambiare. Sono già focalizzato sull'inizio della nuova stagione che voglio vivere una corsa alla volta. Indubbiamente dà sollievo aver vinto la più grande corsa al mondo, sono più rilassato, ma voglio continuare a mettermi alla prova, quindi lotterò per il gradino più alto del podio dalla prima al'ultima corsa a cui parteciperò».