Abbiamo raggiunto telefonicamente a Vallese, in provincia di Verona, Attilio Viviani, velocista classe 1996 e fratello minore di Elia, che quest’anno ha affrontato la sua prima stagione tra i professionisti vincendo la prima tappa della Tropicale Amissa Bongo nel mese di gennaio, celebrando così nel migliore dei modi l’esordio ufficiale (Attilio nel 2019 è stato stagista alla Cofidis, ndr) nel mondo dei grandi: «È stata una grande soddisfazione vincere la prima frazione della Tropicale Amissa Bongo, quella con arrivo a Ebolowa. È sempre bello iniziare con qualche buona dimostrazione ed è stata una vittoria che mi ha permesso di trasmettere alla squadra un buon segnale. Grazie a questo successo - in aggiunta a quello conquistato alla Schaal Sels Merksem/Johan Museeuw Classic quando ero stagista - credo di aver dimostrato di poter essere il secondo velocista della squadra, dopo Elia ovviamente,».
Attilio, come ti sei avvicinato al ciclismo?
«Nella mia famiglia lo sport è sempre stato molto importante e mi sono avvicinato al ciclismo quando avevo sei anni. I primi anni giocavo a calcio e correvo in bici, ma continuare con entrambi sarebbe stato impossibile anche perché c’era la scuola, nonostante io non l’amassi molto. A 13 anni ho dovuto quindi decidere e la bici ha prevalso sul calcio».
Come mai questa scelta?
«Perché il ciclismo è uno sport più individuale rispetto al calcio, nonostante entrambi siano sport di squadra».
Qual è il tuo primo ricordo legato alla bici?
«Ancora prima di cominciare a correre in bici andavo a vedere le gare dei miei due fratelli più grandi, Luca ed Elia. Poi un giorno i miei genitori mamma Elena e papà Renato hanno deciso di regalarmi una piccola mountain bike gialla ma con il manubrio da corsa, perché volevo avere una bici il più simile possibile a quella dei miei fratelli, ma ero ancora troppo piccolo e la bici da corsa della mia taglia non c’era. Fin da piccolo sono stato spronato dai miei fratelli a salire in sella, a due anni sapevo già andare senza le rotelle».
Che voto daresti alla tua prima stagione in massima categoria?
«Un bel 7,5/8. Con la squadra avevamo due obiettivi: crescere e fare risultati quando possibile, e devo dire che entrambi li abbiamo centrati».
Per te è una responsabilità avere un cognome così pessnte?
«Sinceramente no, ho un carattere molto diverso da Elia. Credo che se fosse stato il contrario, Elia ne avrebbe risentito di più. Con lui ho un rapporto fantastico ma quando siamo insieme cerchiamo di parlare il meno possibile di bici. Qui a Vallese abbiamo un negozio di famiglia «Evolution Bike by Elia Viviani” che gestisce nostro fratello Luca, che gioca a calcio in serie D nella Calliero Terme, insieme a mio papà. E poi posso dirti una cosa?».
Certo, continua pure...
«Elia ed io siamo due corridori diversi, io seguo la mia strada e lui la sua. Spesso abbiamo programmi differenti e anche in squadra veniamo considerati come due corridori singoli e non come fratelli, e questo per me è un aspetto molto importante».
Ad oggi qual è il tuo ricordo più bello?
«Nel 2019 quando ho fatto lo stagista alla Cofidis, Solution Crèdits e ho vinto alla Schaal Sels Merksem/ Johan Musseuw Classic, mentre Elia vinceva ad Amburgo».
Quello più brutto invece?
«Guardo sempre il bicchiere mezzo pieno e quindi non ho brutti ricordi, se non qualche corsa in Belgio con tre gradi» spiega ridendo.
Cosa ti ha lasciato questo 2020?
«È stata una stagione strana per tutti, ma ho capito che tra i professionisti si pedala davvero forte e che bisogna sempre cercare di essere al top della condizione per poter essere competitivo. Sono soddisfatto di questa mia prima stagione nella massima categoria ma so che dovrò lavorare ancora molto e non lasciare niente al caso, inseguendo la perfezione. Sono risultato positivo al Covid-19 (da asintomatico) e quindi non sono riuscito ad essere al via del Giro. C’è un po’ di rammarico, ma so che ci saranno altre occasioni».
Con la squadra avete già stilato il calendario per la prossima stagione?
«Credo di iniziare la stagione con calma, molto probabilmente con una corsa la settimana prima del Trofeo Laigueglia, quindi a fine febbraio. Forse farò qualche Classica dove cercherò di mettermi in mostra e qualche corsa a tappe come preparazione al Giro d’Italia, invece per la seconda parte di stagione non so ancora niente».
Quindi ti vedremo al via della Corsa Rosa?
«Non è ancora sicuro, ma per ora faccio parte della squadra selezionata per il Giro, sono fiducioso».
E quali saranno i tuoi obiettivi per il 2021?
«Gli stessi di quest’anno e quindi crescere il più possibile, fare esperienza e cercare di portare a casa qualche risultato, anche in corse minori. Credo sia meglio fare un passo alla volta, senza volere tutto e subito».
Se non fossi stato un ciclista saresti stato...
«Un grafico».
Cosa ti piace fare nel tempo libero?
«Gioco spesso e volentieri con la playstation e mi piace molto andare a camminare con Holly, il mio bulldog francese, e la mia ragazza Beatrice. Tra un impegno e l’altro vado anche in negozio ad aiutare la mia famiglia. Cerco sempre qualcosa da fare, non mi piace annoiarmi».
Qual è il tuo gioco preferito alla play?
«Fifa o Call of Duty: giochi d’azione che tengono vivo il mio spirito competitivo».
Un anno tra i grandi è poco per aver realizzato il proprio sogno nel cassetto. Qual è il tuo?
«Quello di fare una bella carriera e cercare di portare a casa più vittorie possibili. Vorrei poi godermi al massimo questi anni perché nel momento in cui non mi divertirò più vorrà dire che sarà arrivato il momento di appendere la bici al chiodo. Al momento mi sto divertendo moltissimo e quindi va bene così».
Dove ti vedi tra qualche anno?
«Bella domanda. Dipende da come va la prossima stagione... Sono sicuro che il ciclismo mi darà molto ed io potrò fare altrettanto. Spero di poter migliorare sempre di più, e poi si vedrà».