Nairo Quintana non è solo un campione in bici, ma lo è anche quando non pedala, soprattutto dal 2014 nel ruolo di “Amico dell’Unicef”. Come testimonial e promotore, insieme a tanti altri campioni dello sport, Nairo ha legato il suo nome a progetti in favore dell’infanzia. Ieri nella “Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”, nella sua Bogotà Nairo è salito su un palco per raccontare una storia, dolce ma allo stesso tempo forte: quella della sua infanzia a sua figlia Mariana. Un messaggio di speranza, il suo, perché a tutti i bambini del mondo vengano garantiti i loro diritti e per questo il campione colombiano ha deciso di impegnarsi in modo attivo.
«Tornando indietro nel tempo, a quando ero bambino e non conoscevo il ciclismo, il momento più bello era quando eravamo seduti a tavola tutti insieme». Così è iniziato il racconto del Condor, che con occhi lucidi ed il sorriso in volto, ha raccontato dei sacrifici fatti dalla sua famiglia e di quelle corse in un campo da gioco vicino casa, dove le macchine non c’erano e per essere felici bastava veramente poco.
«Mio padre fa l’agricoltore e io ho avuto la fortuna di crescere con i colori e i sapori della frutta e della verdura dei nostri campi. Non avevamo giochi telecomandati, ci bastava veramente poco per divertirci. Ricordo che facevamo correre le scatole vuote di sardine ed eravamo felici».
La sua è stata un’infanzia felice, resa straordinaria dall’affetto della sua famiglia e poi è arrivato l’incontro con la bici e il ciclismo che sarebbe diventato la sua grande passione.
«Ricordo quando arrivò la mia prima bici e la passione che pian piano cresceva dentro di me. Le prime corse e le prime piccole vittorie e la gioia di poter tornare a casa e raccontare tutto alla mia famiglia. Era bello anche poter dire che qualcuno in strada mi aveva fermato per farmi i complimenti».
Il racconto di Quintana va oltre le semplici parole, nelle sue parole c’è la storia di un ragazzino che sognava di diventare un ciclista in un Paese difficile, dove sono pochi quelli che riescono ad emergere a fare il grande salto.
«Mio padre è stato molto importante per me. Mi è sempre stato vicino ed è stato il primo a credere in me. Un giorno mi disse che mi avrebbe aiutato ad andare avanti a percorrere la mia strada. Ricordo che mi disse che non avrebbe potuto comprarmi l'ultimo modello di bici per andare alle gare, ma che sicuramente facendo dei sacrifici, avrebbe preso una buona bici per me».
Con quella nuova bici Quintana iniziò a fare sul serio e, grazie a sacrifici fatti da tutta la famiglia, ha avuto la possibilità di realizzare il suo desiderio diventando uno dei migliori corridori dell’ultimo decennio.
Ancora oggi non è facile vivere in Colombia e non tutti hanno famiglie con la possibilità di aiutare i propri figli a crescere. Per questo Quintana ha deciso di rappresentare il proprio Paese in un giorno così importante, quello dedicato ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
«Sono triste quando vedo che ancora oggi ai bambini e alle bambine non viene data la possibilità di vivere serenamente e di essere rispettati. Ogni bambino dovrebbe essere felice e protetto, senza che ci siano discriminazioni tra femmine e maschi. Io non vengo da una famiglia ricca ma sono stato fortunato e vorrei che tutti i bambini avessero la possibilità di sognare come ho fatto io e di realizzare i propri desideri. Per questo ho deciso di sostenere l’UNICEF, affinchè un giorno non troppo lontano tutti i bambini non debbano più subire violenze e vengano rispettati nei loro diritti, potendo vivere con gioia la loro infanzia».
Quintana nella sua Colombia ha già fatto molto: ha attrezzato, per esempio, aule in tre comuni di Boyacá, con 20 computer e 10 tablet ognuna. Il corridore della Arkea Samsic partecipa regolarmente a campagne di sensibilizzazione in favore dell’istruzione, andando a parlare con i giovani dentro le scuole.
Nairo ha poi così concluso il suo racconto: «Da atleta pedalo instancabilmente per raggiungere i miei obiettivi, quelli della mia squadra e i sogni del mio Paese, ma le mie responsabilità vanno oltre il ciclismo: sono il padre di Mariana, sono un uomo consapevole della necessità che ogni adulto si impegni a favore dei bambini e degli adolescenti per costruire un futuro migliore».