Nel caso di Gabriele Balducci si può proprio dire che abbia percorso tutte le strade che portano al ciclismo. Una specie di piccolo cannibale nelle categorie minori, dove ha vinto molto e di qualità anche grazie al suo mentore, concittadino e diesse Marcello Massini. L'approdo al professionismo data 1997, subito bagnato da una bella vittoria nella Alassio Cup, gara perfetta per esaltare le sue ottime doti di passista. Da allora sono state dodici le annate trascorse nella massima categoria del ciclismo, contraddistinte da 14 vittorie tra cui spicca, al Giro d'Italia, la tappa di Pinerolo, il nome di una cittadina capace tuttora di provocare un brivido lungo la schiena degli appassionati di ciclismo che ancora oggi ricordano una delle più grandi imprese di Fausto Coppi, appunto nella tappa del Giro da Cuneo a Pinerolo.
Appesa la bici al chiodo, Balducci iniziò la collaborazione con l'intramontabile amico e tecnico Marcello Massini al Team Idea Shoes MCS, prima di passare al GS Mastromarco-Chianti Sensi come direttore sportivo, portando con sé l'allievo prediletto Alberto Bettiol, ma questa è ormai storia attuale, come ci dice lo stesso Balducci.
«Se con Massini sono cresciuto sotto l'aspetto caratteriale e tecnico, alla Mastromarco ho trovato una vera famiglia ed una persona impareggiabile come Carlo Franceschi: non per nulla è la società della quale faccio parte con immutato entusiasmo ormai dal 2013».
2013, l'anno dei mondiali in Toscana, nei quali tu sei stato pienamente coinvolto.
«Sì, Paolo Bettini, allora CT della nazionale italiana e mio grande amico, mi volle come collaboratore e anche quella è stata un'esperienza importante per la mia crescita professionale».
Come trascorri questa imprevista ma necessaria quarantena?
«A casa, con mia moglie Romina, a Santa Maria a Monte; uso molto il computer e mi sento spesso con corridori ed amici, incluso Marcello Massini che ha... attaccato l'ammiraglia al chiodo proprio quest'anno, dopo una festa memorabile che abbiamo organizzato in suo onore. Marcello abita a un paio di chilometri da casa mia e la nostra amicizia è ormai inossidabile».
Come puoi gestire i tuoi atleti della Mastromarco a distanza?
«Semplice, mi consulto con alcuni preparatori e poi invio ai ragazzi le tabelle sempre aggiornate per gli allenamenti. Ho approntato dei programmi settimanali con esercizi diversi ogni giorno, tra palestra fitbull, corpo libero e rulli. Controllo con attenzione i minuti e l'intensità del lavoro svolto, ma non dev'essere superato da ognuno dei miei ragazzi il limite di un'ora e mezzo al giorno di attività».
Com'è strutturato il GS Mastromarco versione 2020?
«Come un team solido e in grado di cogliere importanti risultati. Già nelle recenti, prime corse alcuni dei nostri ragazzi si erano messi in evidenza; cito Ferri, Nencini, Molini, Magli e Marcellusi. Alla Firenze-Empoli abbiamo classificato 4 dei nostri tra i primi10 e qualche osservatore fin troppo interessato ha mosso delle critiche, affermando che avevamo commesso un grosso sbaglio a non puntare solo su di un atleta, per provare vincere invece di guardare al risultato complessivo. Io rimando le critiche al mittente, confermando che per me vale sempre la squadra, non il singolo».
Ora però non sappiamo nemmeno se le gare potranno riprendere, tu cosa ne dici?
«Sono angosciato soprattutto per i miei atleti giunti al quarto anno tra i dilettanti, poiché se la stagione 2020 verrà annullata non avranno prospettive per il fututo. Personalmente sono convinto che se non ripartiremo entro fine maggio, il 2020 del ciclismo dilettantistico sarà da considerarsi chiuso».
E questo maledetto coronavirus?
«Non credo che, se anche i contagi e le morti diminuiranno, la partita potrà considerarsi vinta. Serve un vaccino come soluzione defintiva, ma i tempi sembrano ancora lunghi per averlo. Nei giorni scorsi ho telefonato a Luciano Rui, un amico, veneto, diesse della squadra dilettantistica più forte d'Italia, la Zalf. Ebbene Luciano l'ha scampata bella poiché il coronavirus lo aveva infettato; ora è in convalescenza ma mi ha detto che ha vissuto un calvario terribile».
Questi ciclisti che ancora viaggiano sulle strade che sensazione provocano in te?
«I cicloamatori che sfidano i decreti governativi fanno del male a loro stessi e soprattutto agli agonisti come noi, creando un clima ostile verso i ciclisti in genere che potremmo scontare in futuro. Ci vuole ragionevolezza e consapevolezza perché soltanto se ognuno darà il proprio, seppur piccolo, contributo si potrà uscire da questa tragica situazione».