Tra i protagonisti del Tour of Rwanda ci sono stati i corridori del Team Novo Nordisk. Prima del loro rientro in patria abbiamo avuto modo di incontrare uno dei più esperti, lo spagnolo David Lozano
David, è soddisfatto del suo Tour of Rwanda?
«Quella africana si è rivelata una gara molto impegnativa. Abbiamo passato dei bei giorni - sono arrivato undicesimo nella quinta tappa e siamo entrati in diverse fughe - ma nel complesso noi del Team Novo Nordisk speravamo di piazzarci meglio nella classifica generale. La competizione è stata davvero forte e, indipendentemente dai risultati, è stato bello iniziare la stagione in una gara di livello così alto».
Ha già partecipato più volte a questa corsa e ha vinto anche una tappa: come vive questa esperienza africana e che ciclismo ha trovato nel continente nero?
«Mi piace molto l'esperienza qui in Ruanda. La gente che segue la gara è incredibile, è impressionante vedere così tante persone sulle strade! Ed è raro vedere una folla così calorosa anche in tante gare in Europa: tutto questo rende il Tour of Rwanda molto speciale».
Lei è uno dei veterani del Team Novo Nordisk: qual è il suo giudizio sul cammino compiuto dalla squadra in queste stagioni?
«Cresciamo tutti come ciclisti anno dopo anno. Penso tutti abbiano potuto vedere la costante evoluzione che ha coinvolto tutti i membri della squadra».
Voi dimostrate al mondo che si può fare sport di alto livello pur soffrendo di diabete di tipo 1: è un messaggio che ha ormai preso piede oppure c’è ancora bisogno di divulgare questo messaggio?
«Quando ti viene diagnosticato il diabete di tipo 1, di solito ti viene detto che non puoi più fare sport e competere. Per questo motivo quel che facciamo è molto speciale, portiamo un messaggio di speranza a molte persone, soprattutto quando incontriamo famiglie e bambini piccoli. Vederci correre a livello professionistico ispira le persone che convivono con il diabete e le motiva a continuare ad inseguire i propri sogni».
Ci sono differenze su come viene accolta la vostra squadra in Paesi come Italia o Belgio, dove il ciclismo è storia, e altri come la Cina o il Ruanda?
«No, nessuna differenza. Il nostro team è il benvenuto ovunque e con il fatto che la nostra storia sia davvero unica, attiriamo l'interesse e l’attenzione degli appassionati di ciclismo ovunque andiamo».
Quali sono gli obiettivi del 2020 per lei e il suo team?
«Con le ultime notizie e tutto ciò che sta accadendo al momento in tutto il mondo, non sono sicuro di cosa accadrà e di quali cambiamenti ci saranno nei nostri calendari. Ma il Giro di Polonia e il Giro di Danimarca sono le gare chiave del nostro calendario».
Chi pensi siano i corridori più interessanti della squadra, quelli che dobbiamo tenere d'occhio?
«Se dovessi scegliere qualcuno, direi l'italiano Andrea Peron e il francese Charles Planet. Sono due corridori che potrebbero sorprendere quest'anno».
Per coloro che non hanno familiarità con il diabete, può dirci come gestite questa patologia?
«Il diabete di tipo 1 è una condizione in cui il pancreas non produce insulina, l'ormone necessario per consentire allo zucchero (glucosio) di produrre energia. Quindi abbiamo bisogno assumerne iniettando insulina attraverso pennette o siringhe. Ognuno è diverso quando si tratta di gestire il diabete. Oggi ci sono molti nuovi dispositivi che aiutano molto, come il CGM (monitoraggio continuo del glucosio) attraverso il quale è possibile monitorare il livello di glucosio
quasi in tempo reale. Questo è estremamente utile anche durante le gare, perché consente di avere sempre la situazione sotto controllo».