Un mese. Un mese senza il Dottore, senza il Presidente come negli ultimi anni chiamavo Giorgio Squinzi. Un mese senza un punto di riferimento importante. Il primo numero di tuttoBICI che non leggerà, lui che era abituato a gustarselo in digitale sul suo iPad, ma che voleva assolutamente e rigorosamente anche in cartaceo.
Ricordo quando cinque anni fa, in quei nostri incontri al sabato mattina in viale Jenner, con gli uffici chiusi e i nostri discorsi aperti a tutto, gli illustrai il mio progetto di entrare totalmente nel digitale: dopo il sito che poi erano diventati due (tuttobiciweb e tuttobicitech), addio alle edicole, alla carta, per fare di tuttoBICI la prima rivista digitale nel settore delle due ruote. Il dottore mi ascoltò con grande interesse e come sua abitudine, dopo un lungo silenzio, sentenziò: bellissimo progetto, vada avanti ma se può, Pier Augusto, trovi il modo di non abbandonare la carta.
Lo trovai. Da allora stampiamo mediamente 700/800 copie cartacee ogni mese per i cultori della carta, per i collezionisti che in questi 24 anni di storia ci seguono e hanno il gusto della raccolta. Le stampiamo su ordinazione e con il corriere GLS le consegniamo in un giorno ai nostri fedelissimi: tra questi c’era anche il Dottore, come da sempre veniva chiamato in azienda.
Un mese e un mensile che il Dottore non vedrà. Un mese volato via, veloce, come se nulla fosse, come la vita ci ha insegnato. Tutto scorre e tutto porta via, fuorché il ricordo, fuorché l’amore e il bene che quest’uomo ha saputo donare. Un uomo che per quanto aveva saputo costruire e rappresentava avrebbe potuto guardare tutti dall’alto in basso, invece si limitava a guardare negli occhi, capendo gli altri come pochi sapevano fare, forse perché ha sempre fatto ricorso anche al cuore.
Un mese e un mensile che volutamente non lo celebra o forse lo celebra nel modo che più gli sarebbe piaciuto: solo storie di ciclismo e tante belle foto di campioni e giovani speranze. E in copertina uno dei suoi ragazzi – Luca Guercilena - cresciuti alla scuola del professor Aldo Sassi al Centro Mapei Sport. No, della sua uscita di scena nemmeno un rigo. Non gli sarebbe piaciuto. Un numero come se il Dottore l’avesse dovuto leggere, esattamente come sempre, e come sempre gli arriverà anche questo mese sulla sua scrivania.
A me resta lo struggente e impagabile ricordo di un percorso fatto assieme. Troppo prezioso per essere dimenticato. Mi restano quei sabato del villaggio che cadevano di venerdì. Quando arrivava la telefonata, generalmente attorno alle 17.30. «Pier Augusto, domani è a Milano? Se può passi da me in ufficio alla solita ora che prendiamo un caffè assieme».
Mi ha sempre chiamato per nome e mi ha sempre dato rigorosamente del lei. Ha sempre fatto così, il Dottore. La telefonata del venerdì era per me un soffio al cuore, che aveva il sapore dolce del sabato del villaggio, di quanto di bello e di buono avrei vissuto il giorno seguente: ci tenevo un sacco a incontrarlo e a trascorrere un po’ di tempo con lui a parlare dello sport che più amavamo. Un rito che ci eravamo ritagliati senza neanche dircelo e che durava ormai da anni.
Bastava poco: un colpo di telefono e il giorno dopo ero lì verso le dieci di mattina per sorseggiare con il Presidente un buon caffè, tra ricordi, aneddoti e gossip (quanto gli piacevano). Gli argomenti forti? Tanti, tantissimi: Nibali, Aru e i giovani che faticano a crescere. E poi le squadre di World Tour italiane che sono scomparse dal panorama mondiale. E poi il Giro e il Tour, tutti argomenti che sollecitavano ed evocavano inevitabilmente tanti altri ricordi e racconti.
E poi arrivava puntuale il tempo e il momento di concordare con lui anche la data degli Oscar tuttoBICI, che al Presidente sono sempre stati nel cuore e che puntigliosamente segnava a matita sulla sua agendina che teneva sempre nella tasca sinistra della giacca. «Ci sarò», la sentenza. Come quel giorno che mi chiese: «Ma quest’anno verrà Nibali?». «Certo, presidente. Ha vinto l’Oscar». E lui, con quel pizzico di pudore fanciullo: «Potrebbe mettermi al suo tavolo?». «Come no, presidente».
Quanta nostalgia per quei sabato del villaggio che cadevano di venerdì: come è lontana la domenica.