Al primo tentativo Diego Ulissi non risponde. «Stavo trasportando scatoloni, tanto per cambiare. Stiamo portando le cose nella casa nuova». Certo, utilizzare un atleta di interesse nazionale per il trasloco... Ulissi ride. «Glielo dici tu a mia moglie? Perché anche in casa mia comandano le donne, sai».
Diego si fa comandare volentieri da Arianna, e soprattutto da Lia, che non ha ancora sei anni, «quando mi vede in tivù vorrebbe sempre che vincessi, e se non arrivo primo si arrabbia, ma deve cominciare a capire che non posso vincere sempre, anzi». La risata si fa più piena, e addolcisce una prima parte di stagione al di sotto delle aspettative. «Non sono stato bene. Alla Tirreno ho preso un virus, come quasi tutta la squadra. Noi corridori siamo così magri che se ci passa di fianco un virus lo prendiamo di sicuro. Così ho corso la Sanremo con la febbre, e quello è stato il colpo di grazia. Ho perso qualche giorno di allenamento e sono arrivato scarico alle classiche».
Al Giro d’Italia non è stato il solito Ulissi, quello che ha vinto sei tappe dando spettacolo. Ma il suo Giro sottotono è stato inghiottito dal risultato negativo di tutta la squadra, la Uae, e soprattutto dal naufragio di Fabio Aru, che era partito per andare come minimo sul podio. «Si è fatto schifo tutti, dài», taglia corto Diego nel suo profondo toscano. E la frase è cruda ma rende piuttosto bene l’idea.
RIPARTIRE. Aru per Diego non è soltanto il capitano: è un vicino di casa, un compagno di allenamento, un amico. «Pedaliamo assieme quasi tutti i giorni, e spesso ci vediamo anche fuori. Quello che pensa glielo leggi in faccia, Fabio non è uno che nasconde i sentimenti. E’ chiaro che ci è rimasto male, non se lo aspettava, e subito ha cercato di capire cosa fosse successo. Dagli errori bisogna imparare, a volte certe situazioni ti servono per non ripeterle. E’ chiaro che da un corridore come Aru si aspettano tutti grandi cose, ma lui è il primo. Ha dovuto fare un reset completo, ma adesso lo vedo già concentrato sulla seconda parte della stagione».
Il rientro di Aru non passerà dalla difesa della sua maglia di campione italiano, Ulissi invece sarà al via sabato a Boario. Con più di una chance di portare a casa il risultato, a giudicare dal numero che ha appena fatto al Giro di Svizzera. «Una vittoria che ci voleva, avevo bisogno di ritrovare le sensazioni migliori. Ho fatto anche una buona classifica, e contro gente in condizione, molti andranno al Tour». Ulissi no, questo Tricolore è l’ultimo impegno prima di un po’ di vacanze, «poi il finale di stagione che ho sempre fatto, con tutte le gare di un giorno e in più l’Eneco Tour».
IMMAGINARE. A fine settembre c’è il Mondiale che tutta l’Italia aspetta, anche quella che si deve accontentare di trovare una squadra alternativa a Russia 2018. Diego, che in realtà si chiama Diego Armando, è uno dei tanti italiani che adorano il calcio. «Il Mondiale lo seguo un po’ meno del solito, mi piacciono le piccole, che corrono tanto, e l’Inghilterra. E la mia Juve la seguo sempre, ovvio, sogno la Champions perché ormai i campionati non fanno più notizia». Ma tornando ai Mondiali, quelli di ciclismo però, «ovvio che spero di esserci, il percorso non l’ho visto ma me lo sono fatto spiegare per bene, penso che uno come Vincenzo sia davvero adatto».
Anche Nibali è un amico, oltre che un compagno di allenamenti: Emma e Lia giocano spesso assieme. «Abbiamo un corridore che può vincere dappertutto, ma quello che ha fatto quest’anno a Sanremo è l’apoteosi. E’ un grande anche soltanto a immaginarla una roba così, io sono molto nibaliano». Sabato saranno uno contro l’altro a Boario, «è un percorso difficile da gestire, aperto a tanti scenari, uno come Colbrelli è il favorito numero uno perché può tenere sullo strappo e battere tutti allo sprint, ma quando c’è Nibali al via non si sa mai cosa succede alla corsa. A me il percorso piace, e poi una volta sono arrivato terzo, un’altra secondo, quella maglia tricolore è bella, mi garberebbe parecchio».