Il “Premio Sicurezza 2015” è stato assegnato al Prof. Giovanni Tredici. Lo annuncia il G.S. Progetti Scorta, ideatore di questo riconoscimento ed organizzatore del ”Giorno della Scorta”, in programma a Faenza il prossimo 29 novembre, a conclusione del quale avverrà la cerimonia di consegna del premio.
Un premio all’eccellenza italiana in fatto di assistenza sanitaria alle gare ciclistiche, di assoluto riferimento internazionale.
Laureato in Medicina e Chirurgia, il Prof. Tredici è specialista in Neurologia e in Medicina dello Sport. Professore Ordinario di Anatomia Umana presso l’Università di Milano Bicocca; Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Tecnologie Biomediche della stessa Università.
Dal 1983 svolge le funzioni di medico di gara nelle competizioni ciclistiche organizzate da RCS-sport (Giro d’Italia, Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo, Giro di Lombardia per citare solo le più note). Dal 1988 responsabile del Servizio Sanitario per RCS-sport.
Dalla brochure del “Giorno della Scorta”, la pagina dedicata al Prof. Giovanni Tredici:
Tutta colpa di una intervista…
di Paolo Broggi
Tutta colpa di un’intervista... Quando nel 1982 Giovanni Tredici ricevette nel suo studio il giornalista di Salve, Massari, che doveva intervistarlo sul sistema nervoso, non avrebbe mai pensato che la sua vita sarebbe cambiata in maniera tanto significativa.
«Era il 1982, Massari seguiva l’Equipe Enervit che si occupava della clinica sanitaria al Giro d’Italia, vide una mia foto giovanile vestito da ciclista, iniziammo a parlare di ruote e pedali, mi trovò molto preparato anche in tema di traumi cranici e mi offrì la possibilità di collaborare con loro. Esordii sul finire del 1982 con il Giro del Piemonte e il Giro di Lombardia, sostituendo uno dei due medici titolari, che era in licenza matrimoniale».
Come è stato l’impatto?
«Sin dalle prime corse mi sono accorto che si poteva migliorare, cominciando dalle modalità di intervento e dalla disposizione delle ambulanze in carovana. Iniziammo a lavorare in questo senso e un ulteriore salto di qualità dopo la tragedia che costò la vita al povero Emilio Ravasio in Sicilia, al Giro del 1986. Dopo l’incidente non fu possibile trasportarlo in elicottero a Palermo perché ormai era buio e a Sciacca non c’erano le strumentazioni per assicurargli il necessario soccorso. Così già nel 1987 abbiamo inaugurato il Centro Mobile di Rianimazione, ovviamente con rianimatore a bordo. Siamo stati i primi a farlo, nel calcio arrivarono anni dopo, anche lì in seguito ad una tragedia avvenuta sul campo».
Come è proseguita poi l’evoluzione?
«Innanzitutto con l’aumentare il numero delle ambulanze al seguito della corsa e assicurando su tutte la presenza di un medico specializzato. Il corridore, specialmente in una corsa a tappe, vuole ripartire ad ogni costo, è importante che possa avere il consiglio medico di un esperto che possa davvero essergli utile. Attualmente al Giro abbiamo otto medici in corsa, anche perché è cambiato il modo di correre: non ci sono più le tappe di trasferimento, con il gruppo compatto che fa la corsa solo nel finale. Oggi parte sempre la fuga e guadagna spesso molti minuti, ci vuole una vettura medica che si porti davanti, anche per assicurare il soccorso a tutti coloro che precedono la corsa, perché non dobbiamo dimenticare che noi non ci occupiamo solo dei corridori, ma di tutta la carovana e di chi segue la corsa a bordo strada. Recentemente c’è stato il caso di un addetto alle segnalazione investito da una moto della tv e intubato direttamente sul posto dal nostro medico, prima dell’arrivo dell’elicottero».
L’ultimo passaggio è stato la clinica radiologica.
«Dal 2013 possiamo contare su questo presidio extraospedaliero che ci permette di accelerare i tempi di diagnosi tanto per i casi più semplici quanto per quelli più delicati».
Cosa si può fare per migliorare ancora?
«L’ultimo Tour de France ha portato alla ribalta una nuova esigenza, vale a dire quella di cadute con un alto numero di corridori coinvolti. Anche noi ci siamo trovati coinvolti in una situazione simile, nella tappa di Montecassino al Giro 2014, quando siamo stati costretti ad ospedalizzare quattro corridori contemporaneamente. Ce la siamo cavata affidando ad un medico la responsabilità di gestire i soccorsi e di stabilire la priorità dei ricoveri, coordinandosi con gli altri sanitari. Il numero delle ambulanze in carovana può essere un problema, forse si potrebbe anche pensare di farlo crescere ancora, ma dobbiamo stare attenti a non trasformare una corsa ciclistica in una corsa di ambulanze...».