Quando pedali sugli argini del Po e t'immagini quella "frullata" non di Froome ma di Fernandel, quel sorpasso a 32 denti (in bocca) sul greve Gino Cervi in qualche Don Camillo letterario-cinematografico. Quando punti sul ponte di Casalmaggiore, sbagli strada e ti ritrovi un po' troppo a Nord, a casa Verdi, e scopri che lì non è proprio Busseto-Parma ma Sant'Agata qualcosa-Piacenza, e un vicino di lì ti racconta che "il maestro a un certo punto ce l'aveva con quelli di Parma e perciò fece casa qui - vede quel ruscello? Lì è il confine con Parma - e finanziò il tal ospedale qui nel Piacentino, e non per caso ma per fare uno sgarro" (vero? falso? comunque, una storia in più). Quando l'aria è freddina ma il sole brilla, e a sinistra fa luccicare il Monte Baldo, e laggiù a destra il Monte Penice, e tu pensi che Alpi o Appennini non importa, neanche Coppi aveva una gamba così e li potresti spianare tutti. Quando fai due conti e t'accorgi che domani arriverai a Chioggia, anche se ti perderai mille volte per stradine intorno a Rovigo, e capirai così che davvero una grande pianura è come il mare e senza bussole, senza sestanti, è un magnifico labirinto senza pareti. (Navigatore solitario, tu hai ingrandito l'universo, mi cantava una voce radiofonica in Francia, e io facevo finta che la canzone fosse proprio per me e non mi vergogno a dirvelo). Quando rileggi il libriccino delle note e vedi che in sei-giorni-sei hai quasi fatto Marsiglia-Venezia, in questo caso Tolone-Venezia che è poco meno, e in una giornata sola tutta la Costa Azzurra, da St.Tropez a Ventimiglia, dentro-fuori-dentro-fuori sempre sulla costa, e puoi trovarti sulla curva del Casinò nel principato di Monaco (paradiso fiscale? che vada all'inferno) o in un posto da cinghiali su qualche promontorio sperduto. Quando un samaritano in mountain-bike ti offre di farti strada per una mezzora, e metterti in rotta per dove vuoi andare, e dalla sua ruota vedi che ha due polpacci ancor più fini dei tuoi, e lui ti spiega che ha una malattia strana che gli impedisce di rigenerare alcuni muscoli, e a piedi zoppica ma in bici sembra l'Airone e tira i trenta contro vento e a vederlo remare ti si apre un pezzetto di cuore. Quando l'ennesimo deficiente ti sorpassa esattamente mentre incroci un altro bisonte a motore, e tu non hai più nemmeno voglia d'incazzarti pensando che in Francia e Spagna di 'sti stronzi ne vedevi meno, e non perché tu sia prevenuto col tuo Paese d'origine o perché sia più sovrappopolato (che 'sti calcoli li hai già fatti cento volte) ma perché il tuo paese è fottutamente così e dei diritti del prossimo, a cominciare dalla strada (specchio fedele di una pseudociviltà) a troppi non gliene sbatte un belìno sugli scogli, come dicono dalle parti di Beppegrillo. Quando nemmeno questo ti fa incazzare più, quando ci pedali sopra leggero, e scali un dente e ti alzi a rilanciare, pensando che una risata li seppellirà, e che tra poco prenderai un traghetto, poi un altro, e poi dal Lido la motonave al Tronchetto e al bar ordinerai uno spritz e brinderai ai duemilacinquecento chilometri messi in pancia, allora, solo allora, ti accorgi che nel tuo piccolo hai fatto una cosa da cinema, un po' da Grande Gatsby (quando ti concedi un B&B per dormire) un po' da Monello di Chaplin (quando t'infili in sacco a pelo dove càpita), e che sei appena passato davanti alla tua terza mostra internazionale della Settima arte: prima la playa de la Concha a San Sebastian, in Spagna (pardòn Euskadi), poi la Croisette di Cannes, e adesso il Lido di Venezia. Ti manca solo Berlino, ragazzo! Ragazzo? Ho cinquantadue anni...
Adesso però basta con le autocelebrazioni, anche se son sincere, scevre da falsamodestia ipocrita, e soprattutto basta con questa scopiazzatura stilistica di qualche articolo scritto da altri scopiazzandone altri ancora (si chiama cripto-amnesia, ne soffre chiunque scriva, per mestiere o no, e la maggior parte non Sto arrivando! o non ammette di soffrirne).
Adesso basta e prima di metter la bici sul treno (Regionale, di rigore) e chiudere quest'altro viaggio per le strade e dentro me stesso, rimane da dire una cosa importante. Tornare al perché questo viaggio si chiamava TODS UEI, Tod's Way se non vi piace storpiare l'inglese, la quarta lingua più usata dagli esseri umani, e la più "trasversale" di tutte.
Tod era Pier Luigi Todisco. Cinquant'anni e poco più, come me, e un grande futuro dietro le spalle, come me, ma forse ancora con qualcosa davanti. Idem. E sottolineo il forse, ma nel dubbio, pro reo.
Con Tod condivido un pezzetto di passato. Entrambi facevamo il mestiere di giornalista sportivo. Odio un po' la parola mestiere associata al lavoro in un giornale, ma molti continuano a chiamarlo così. Tod non era un fissato del "mestiere", né un idealista, né un fanatico di qualche disciplina, di qualche squadra o personaggio (ce ne sono, e molti, troppi). Non era un tifoso travestito da critico. Mi era simpatico e, per quanto so, io a lui. Nessuno dei due era importante, né "popolare" dentro o fuori dal giornale. Si cercava di fare la propria parte, ciascuno con le sue caratteristiche. Non eravamo i classici "convinti". I discorsi vertevano quasi sempre su qualcosa che non ci quadrava. Occasionalmente lui portava una bottiglia di qualche vino un po' ricercato. Invece della pausa-pranzo classica, magari ci si faceva mezzo bicchiere con un sacchetto di patatine o un tramezzino preso al bar aziendale. Poteva nascerne un'amicizia (dall'insieme delle cose dico, non dalla bottiglia) ma le circostanze di lavoro ci allontanarono, e i rapporti si stemperarono, ma il ricordo reciproco no.
Tod è morto tre anni fa, in sella alla sua bicicletta, appena uscito di casa, mentre andava a lavorare, nel cuore di Milano.
Il giorno che io e la mia bici siamo arrivati a Venezia, soltanto a Monza, di ciclisti ne son morti due.
Io non m'illudo di cambiare niente, ma non per questo fomento il silenzio-consenso così tipicamente italiota, conformista, catto-borghese, tipico ahinoi anche di una larga fascia di ciclisti-anche-automobilisti, che voglion spazio quando pedalano (e con ragione) ma si trasformano in fiere appena salgono sulla loro scatolazza di metalplastica e girano la chiave.
Questo bellissimo lungo viaggio nel Sudeuropa, nel quale Tod mi ha accompagnato idealmente e qualche volta rispondendo alle mie troppe domande, è stato anche un modo per dire: pensiamoci. Ci son altri e maggiori problemi lo so, ma pensiamoci. Ogni pensiero è l'inizio di una storia, scrisse credo Italo Calvino, e di storie, vere o inventate, si alimenta l'intelligenza umana, e più storie impariamo più possibilità abbiamo di portare un mattoncino per cambiare la Storia. E meno morti per strada, i morti più inutili, sarebbe già una bella storia.
Questa qui finisce, con un saluto a Tod e un grazie alle solite due. Mia figlia Alessandra e sua mamma, Catarina. Repetita iuvant: se quelle due non fossero fatte come son fatte, io questa storia non l'avrei potuta raccontare. Grazie ragazze. Grazie ragazzi (e non è un coro deficiente da stadio).
Alla prossima, I hope.
(5 / fine)
Sergio Ghisleni
PUNTATE PRECEDENTI
1 - TODS UEI o l'anticammino di Santiago
2 - TODS UEI. Vento, ETA e il coseno di Aldrich
3 - TODS UEI. Monsieur Vallonne? Oui. Il resto è pioggia e Francia
4 - TODS UEI. Le Mistral et les Inventeurs de la Gnocque