Bilbao è un posto che mi ha sempre messo paura. Ora che ci sono venuto in bici (e da piuttosto lontano) so anche il perché. Perché arrivarci è durissimo. Perché se non è pioggia, è vento. Perché è Spagna, ma non lo è. Per la paura che ci fa quel mare scuro, che si muove anche di notte, e non sta fermo mai. (Questo lo scrisse il Vate Conte in Genova Per Noi, ma vale anche qui).
Il nostro Anticammino di Santiago (mio, della mia bici, del nostro amico Tod che non si vede, non pedala, ma c’è) si sta rivelando una fatica di Sisifo. Abbiamo scelto di partire da Finisterre, il posto più lontano. Abbiamo toccato, nella magica Galizia, 4 cammini differenti: Fisterra, Francese, Primitivo (di questo son particolarmente orgoglioso) e del Nord. E sul Camino do Norte (detto in galego) ci siamo installati, attraverso le verdissime Asturie e la grigia Cantabria (grigia per il tempo, ma magnifica coi suoi Picos de Europa a ridosso dell’oceano).
Accettereste un consiglio da un pirla con esperienza (che rimane pur sempre un pirla)? Se siete nuovi del Cammino, fatevi serenamente il classico Camino Francés, da Roncisvalle a Santiago, 820 km quasi tutti sulla “meseta” di Castilla: più caldo d’estate (ma adesso si gela) però con molti meno dislivelli, e anche con piú occasioni per chi ama le città d’arte. Anche se il Guggenheim è solo qui a Bilbao.
Il Nord invece è per stracciarsi le cosce, come scriveva Brera in Coppi e il Diavolo. Continui «repechos», piogge garantite, e più chilometri per arrivare in Francia. Non voglio fare del reducismo patetico, ma a compensazione della prima settimana di tempo da sogno, primaverile ispanico secco, ho pagato con due gg. di piogga gelida e anche un’episodica grandinata. Il Cammino (manicomio a cielo aperto, l’ha definito qualcuno, e a volte è vero) è come detto una giungla di enigmi storico-metafìsici e mi limito qui a segnalare un luogo, San Vicente de la Barquera, dove ho dormito in un “albergue de peregrinos” che i gestori hanno accettato di aprire solo per me.
Ero solo, in una camerata inmensa, e a fianco di una millenaria chiesa gotico-mista che ospita il sarcofago petreo del signore cinquecentesco di qui: Antonio Corro, Inquisitore. Proprio così: un Bernardo Guy de Il Nome Della Rosa di Eco, una specie di autonominato (?) arbitro in terra del bene e del male (De André dixit), un bieco necròforo bruciastreghe (e torturatore di tipi scomodi, c’è da temere) che qui fu quasi beatificato. Ah, la Spagna, la Spagna. Ancor’oggi dà da pensare. Democrazia giovane, dove il mausoleo di un dittatore golpista è sempre lì bello lucido, visitabile e visitato. Mah…
Ce n’era abbastanza per un incubo notturno, coi resti gelidi cinquecenteschi lì a pochi metri? Sì, ma a popolare il mio sonno non è stato il fantasma dell’Inquisitore càntabro (conterraneo di Oscar Freire, per la cronaca). No, ho dormito da cane sognando d’essere all’esame di maturità, alle prese con la prova di matematica, senza sapere una mazza. Un professore con aria quasi complice mi si avvicinava susurrando: “E`necesario usare il Coseno di Aldrich”. Non cercatelo: non esiste. E`solo un prodotto simbolico dei miei complessi di cattivo studente. Feci il liceo scientifico e una volta mi rimandarono in Matematica, Fisica, Chimica. Ma si può? Si può.
Adesso qui, nel cuore di Euskadi (che sono i Paesi Baschi, nella loro lingua), pedalo tra altri fantasmi. Quelli dei terroristi dell’ETA, Euskadi Ta Askatasuna (Patria basca e libertà) che entrano nel quinto anno di “tregua definitiva” dopo oltre un quarantennio di sangue, costato quasi mille morti. Una storia ancora in gran parte da scrivere, ma che forse è vicina alla parola fine. Sperèm.
Dicono che il regista occulto della resa dell’ETA sia Josu “Ternera” (vero cognome Urruticoechea-Bengoechea, come il terzino dell’Athletic che spezzò una caviglia a Maradona). Dicono anche che da anni si “nasconda” in Italia (balle, i Servizi sanno sicuramente dov’è e cosa fa). Magari invece è qui e gira tranquillamente in bici. Che qui in Euskadi è quasi una religione. In certi posti par d’essere una domenica mattina in provincia di Bergamo. Anche per la lingua. Ma nonostante le affinità Euskera-Bergamask, a me 'sti posti fan paura lo stesso.
Sergio Ghisleni
(2 – continua, non avete scampo)