Continua a far discutere, a Saint Quentin, lo "strano caso dei manubri dell'Italia". Ricapitoliamo i fatti: qualificazioni dell'inseguimento a squadre, Italia pronta a partire, mentre si sta correndo la batteria precedente arriva il delegato Uci armato di metro e calibro, nuova verifica sui manubri già omolgati, c'è un milimetro che balla nella verifica dei rapporti,
si chiama il presidente di giuria e non c'è altro da fare: o si
cambiano i manubri o si rinuncia alla corsa. Questione di secondi,
nemmeno di minuti: non si può far altro che decidere di smontare le
protesi e sostituirle con quelle montate sui manubri delle bici del team
femminile. Misure diverse, posizioni da reinventare ina una
specialità nella quale la cura del particolare è fondamentale.
Risultato: Italia sedicesima e ultima.
Attenzione, qualificarci per
le seminifinali con l'ottavo tempo era davvero impossibile, ma nemmeno è
giusto aver rovinato così una prestazione preparata a lungo e con
impegno dal ct Marco Villa e dai suoi uomini.
Ma cosa è successo?
Se avete la bontà di seguirci tenendo bene in vista la foto che
accompagna questo articolo, proviamo a spiegarlo: il manubrio degli azzurri è prodotto da Vision (FSA) ed è regolarmente omologato dall'UCI, quindi usato anche nelle cronometro su strada, anche da Vincenzo Nibali tanto per citare.
Il delegato tecnico UCI ha misurato come sempre succede il manubrio con un calibro ed il rapporto non corrispondeva perché misurava lui la sezione nella parte larga (per intenderci quella vicino all'attacco, indicata dalla lettera A) e lo spessore vicino all'impugnatura invece nel punto evidenziato dalla lettera B.
Ovviamente il costruttore - per mantenere il regolamentare rapporto 1:3
- con l'aumentare della superficie deve aumentare anche lo spessore ed è
qui che il delegato tecnico dell'UCI ha commesso l'errore: è ovvio che la misurazione debba essere effettuata nello stesso punto.
Nella
concitazione non c'è stato nemmeno il tempo di ragionare e di spiegare
l'errore al delegato UCI ed al Presidente che erano fermi sulla loro
posizione. A dimostrazione del grossolano errore commesso, c'è il fatto
che nella prova dell'inseguimento individuale - in programma domani - Coledan e Bertazzo monteranno gli stessi manubri, successivamente riconosciuti come omologati.
Tornando alla prestazione, è facile capire che in una specialità dove i test si fanno in galleria del vento e ci si gioca tutto sui centesimi di secondo
(vedasi la finale per l'oro di ieri sera), far correre degli atleti su
bici di 7, 8 o anche 10 cm più corte di quelle su cui hanno lavorato per
mesi, è un ottimo sistema per far fallire chiunque.
La verità
è che il lavoro di mesi e mesi è stato vanificato dallo zelo di chi ha
voluto dimostrare di essere il verbo senza usare il buon senso e senza
voler ascoltare le corrette osservazioni dello staff tecnico italiano.
Probabilmente adesso parleranno le carte bollate, ma chi ripagherà
gli atleti ed i tecnici il lavoro gettato al vento? E se la
qualificazione per i Giochi di Rio sfumasse anche solo per un punto? E se...
da Saint Quentin, Fabio Perego