La notizia della morte della diciottenne svizzera Furrer, ha sconvolto l’intero mondo del ciclismo e ancora una volta si parla di sicurezza su quelle strade dove i corridori si allenano ogni giorno e sulla sicurezza durante le gare. Al riguardo si è espresso anche il campione del mondo Mathieu van der Poel, che domani dovrà correre proprio su quella strada dove la giovane della nazionale elvetica ha perso la vita cadendo con la bici.
«No, non ci si abitua mai a ricevere queste notizie. Questa è una cosa che in alcun modo riesco a sopportare e penso che lo stesso valga per tutte le persone che vanno in bici. Questo è un sentimento che sento sempre, a prescindere dal fatto che non abbia conosciuto quella ragazza e non abbia gareggiato nella sua stessa gara, ed è difficile da gestire. Ma per la famiglia e gli amici che l’hanno persa durante una stupida gara, è ancora più difficile».
Le riflessioni sul tema della sicurezza sono tanti e dopo un incidente come quello della Furrer, ci si chiede sempre quanto realmente si stia facendo per evitare tragedie durante le gare di ciclismo.
«Evidentemente non stiamo facendo un ottimo lavoro in termini di sicurezza. È troppo facile puntare il dito contro qualcuno, ma è chiaro che bisogna cominciare a pensare alla sicurezza. Secondo me è sbagliato che debba sempre succedere qualcosa prima che qualcosa cambi. Ma purtroppo, spesso è così. È successo troppe volte».
Gli organizzatori delle gare lavorano in modo concreto per abbassare i pericoli in corsa, ma certe volte, è impossibile prevedere gli incidenti e a farne le spese sono sempre i ciclisti. Van der Poel però, guarda anche al comportamento di alcuni corridori, che per la troppa velocità e mancanza di rispetto delle regole, causano importanti cadute in gara.
«Non esiste una soluzione facile, altrimenti l’avremmo già trovata e questo è un po' il problema. Non è stato così nell'incidente di ieri, ma in molti altri casi sono i corridori stessi a creare il pericolo. Se corri su un percorso da solo, non finirai mai nei guai. È la velocità e la lotta per la nostra posizione a rendere pericoloso quello che facciamo. Non si può eliminare ogni discesa e neutralizzare ogni punto pericoloso. Corriamo su strade pubbliche. È molto difficile trovare una soluzione adeguata. Penso che si stia già facendo molto al riguardo, ma temo che eliminare completamente il pericolo sia un’utopia».
Nel caso della giovane Furrer, alcuni hanno sottolineato il fatto che ai Mondiali non ci sono le auricolari e che i corridori non possono comunicare con l'auto di supporto se hanno un incidente. «Naturalmente non conosciamo tutta la storia di questo incidente. Non so cosa sia successo esattamente, era priva di sensi e la comunicazione tramite auricolari non sarebbe stata di alcuna utilità in questo caso».
C’è poi chi torna sull’argomento degli airbag, per aumentare la sicurezza in corsa. Ovvero delle apposite tute con sistemi di sicurezza che si aprono in caso di caduta pe attutire i colpi.
«Più si è sicuri e meglio è. Se questo sistema non ci disturba come corridori quando siamo in gara, penso che tutte le opzioni per garantire sicurezza siano le benvenute. Correre dopo un incidente come questo è forse la cosa più difficile. Ma tutto continua. E anche questo potrebbe essere il problema».