Probabilmente Dario Nardella lo sapeva, perché i suoi concittadini li conosce molto bene e aveva messo in conto che per una città come Firenze il Tour avrebbe aggiunto poco, anche se poi il mondo in tivù ha potuto solo apprezzare le bellezze di una città incantevole e maledettamente complicata, soprattutto a livello di viabilità.
Dario Nardella al pari di Bonaccini ci ha messo entusiasmo e denari visione e passione, il risultato è però sotto gli occhi di tutti: a Firenze è andata in scena la Grand Départ meno sentita della storia, ma lontano dalla città gigliata non solo è salita la temperatura, ma anche il calore e la passione di chi il ciclismo ce l’ha nel cuore e nelle corde.
Vi ho parlato giovedì scorso di una città poco addobbata, poco a festa, con pochissimi vessilli gialli come invece viene generalmente fatto da altre città (a Bilbao, un anno fa, una partenza da delirio), sia per il Tour che per il Giro. Poco colore, poco calore e pochi appassionati nel fantastico piazzale Michelangelo, ma qui c’è una spiegazione e che mi arriva a giorni di distanza: c’era il numero chiuso. La piazza, grande grandissima, è omologata per 24 mila persone, ma per ragioni di sicurezza era stata aperta a soli 8 mila appassionati. «È così, la proporzione era uno spazio per persona e due di fuga – ci spiega Roberto Feroli (nella foto è al centro, con Nicholas Montemaggi e Andrea Manusia), project leader Grand Depart per Apt Emilia Romagna -. Questo è stato deciso dal Comitato del Pubblico Spettacolo in accordo con la Questura di Firenze. Avevamo predisposto due zone d’ingresso e due di uscita, con personale apposito che contava le persone. Di più non potevamo far entrare».
Usciti da Firenze, fin dal primo mattino, eccoci di fronte ad una grande partecipazione di pubblico lungo le strade. Superato il Barbotto la passione esplode: eccoci al Tour d’Italie. Quello che riempie il cuore e le strade.