C'è triathlon e triathlon. Quello più conosciuto è quello olimpico: 1500 metri a nuoto, 40 km in bici, 10 km di corsa. Senza soluzione di continuità. Questo però è il gradino intermedio di una trafila che tradizionalmente parte da misure inferiori e può o fermarsi all'olimpico o progredire verso le misure superiori. Il livello massimo è il celeberrimo Ironman: 3800 m nuoto, 180km bici, infine maratona. Roba da uomini (e donne) di ferro, per l'appunto.
La categoria immediatamente superiore al triathlon olimpico è il cosiddetto Medio, che si chiama così perché è l'esatta metà dell'Ironman: 1900 m nuoto, 90km ciclismo, 21km podismo. Praticamente il doppio di quello che consideriamo il triathlon "classico" e che vediamo alle Olimpiadi. L'altroieri a Barberino di Mugello si sono svolti i campionati italiani di triathlon medio: per la seconda volta in carriera, dopo Lovere 2019, ha vinto il 35enne Mattia Ceccarelli. L'abbiamo raggiunto telefonicamente per capire come si può parametrare il ciclismo "tout court", quello che seguiamo qui su Tuttobiciweb e Tuttobicitech, rispetto al ciclismo del triathlon. E già che c'eravamo, abbiamo scoperto qualcosa in più su questo mondo affascinante.
Mattia, come sei arrivato al triathlon medio?
«Ho fatto la trafila, passando anche dal triathlon olimpico, fino ad arrivare al medio. Nel 2015 ho smesso per mettermi a lavorare a tempo pieno, mettendo così a frutto la mia laurea da ingegnere. Dopo due anni, però, ho fatto una scelta di cuore e passione: ho mollato un lavoro a tempo indeterminato per ricominciare con questo sport. Inizialmente ho consegnato mozzarelle part-time per mantenermi, poi sono venuti risultati e vittorie e ormai riesco a mantenermi con l'attività da atleta.»
Contrariamente ai ciclisti World Tour o Professional, però, voi triatleti medi (o mezzi ironmen, che dir si voglia) non siete professionisti...
«Esatto, giuridicamente io sono una semplice partita Iva. Come se fossi un artigiano, per dire. Nel nostro mondo parliamo di "professionisti" per indicare convenzionalmente coloro i quali superano determinati risultati, stabiliti per regolamento, e ricevono dalla Federazione un'attestazione da "professionista" per poter partecipare alle gare internazionali del circuito Ironman.»
E tu naturalmente sei un "professionista"
«Sì, e lo scorso autunno ho partecipato per la prima volta in vita mia ai Mondiali di triathlon medio: a St. George, nello Utah. Ero l'unico italiano qualificato nella mia categoria e sono arrivato 20°. Come ranking mondiale, ad oggi sto intorno alla 90^ posizione.»
Si guadagna bene nel triathlon medio?
«Sì, e anche per questo non diventerà mai disciplina olimpica. Il CIO prevede regole piuttosto stringenti, entrare nell'ambito olimpico abbasserebbe i nostri ricavi. Penso che rimarremo legati all'Ironman e agli altri circuiti privati: a livello di sponsorizzazioni vige il "liberi tutti", non esistono vincoli.»
Delle tre specialità che compongono la tua disciplina, su quale sei più forte?
«Nonostante io nasca nuotatore, e dal nuoto mi sia approcciato al triathlon, i tecnici mi dicono che sono un ciclista mancato: con la giusta preparazione sarei forse potuto diventare un professionista di medio livello, non un vincente ma uno che in fondo alle gare ci arriva. Avessi fatto prettamente il ciclista sarei stato un po' più famoso forse, ma il triathlon medio mi piace, dico la mia e mi gratifica tantissimo.»
Che valori esprimi da ciclista?
«Anche con qualche salita riesco a tenere tranquillamente i 5 Watt per kg. Quello che mi manca è il fuori giri dei corridori di alta caratura. Non ho il cambio di passo e non ho il cuore elastico: ai ciclisti servono, a un triatleta medio no.»
Che bici usate?
«Fino al triathlon olimpico si corre in linea, mentre dalla mia categoria in su si corre distanziati tipo cronometro. Per questo utilizziamo materiali da crono (vedi foto di questo articolo, ndr) con la differenza che noi possiamo customizzare e modificare come ci pare. Un po' come accadeva trent'anni fa nel ciclismo vero e proprio, quando nelle crono c'erano i prototipi. Uno dei tanti esempi? Il cockpit: da noi non c'è la regola dei 15 gradi e se ne vedono di tutti i colori. Moltissimi miei colleghi vanno in galleria del vento per ideare pezzi nuovi.»
E che modello pedala il campione italiano del mezzo Ironman Mattia Ceccarelli?
«Uso la AIRTD3 della LOSA, la storica azienda italiana oggi amministrata da Massimiliano Losa. Non è ancora ufficialmente in commercio, uscirà a breve: hanno dato a me il telaio numero 1. Angolo reggisella 78 gradi, avvicinamento sella che può sfiorare gli 85 perché non abbiamo la limitazione dei 5 centimetri di movimento centrale. Il peso della bicicletta, completo di ruota lenticolare, è di 8,5 kg. Monto 58-44 davanti e 11-30 dietro. Pedivelle da 165 millimetri con 11 velocità, ma forse l'anno prossimo passo a 12. Inoltre, da un amico che fa il progettista in un'azienda di stampe 3D mi sto facendo fare un portaoggetti posteriore da attaccare al tubo verticale, che segua la forma della ruota posteriore e aumenti l'aerodinamicità. Un accessorio necessario perché nel circuito Ironman non hai aiuti esterni, non ci sono ammiraglie in corsa.»
In generale i triatleti seguono il ciclismo?
«Molti triatleti sono appassionati soprattutto di ciclismo e affezionati lettori di siti e giornali come il vostro. Inoltre mi piace ricordare che nella Ineos corre l'eterno Cameron Wurf, che nella sua carriera si è diviso tra ciclismo e triathlon: ha come obiettivo la partecipazione ai Mondiali di Ironman a 40 anni appena compiuti. E ricordiamo che prima di pedalare come professionista, partecipò all'Olimpiade di Atene nel canottaggio. Un atleta mostruoso, che dovunque decide di cimentarsi riesce a raggiungere livelli mondiali.»
Dato che sei di Forlì, chiuderei con un pensiero per la tua città e la tua terra:
«Guarda, metà della città praticamente non c'è più. Per fortuna io sto nella parte che si è salvata, ma è una città piccola e chiunque ha persone care che abitano dall'altra parte e hanno davvero perso tutto. Siamo tutti coinvolti.»