Immaginatevi di abitare in mezzo alle Dolomiti venete, di svegliarvi una mattina, prendere la bicicletta e andare in Sicilia. È quello che ha fatto Giovanna Costa, 32enne insegnante di sostegno all’asilo e maestra di snowboard in inverno di Canale d’Agordo, che senza un minimo di allenamento alle spalle ha messo a posto la sua mountain bike (che aveva comprato 16 anni prima), ci ha attaccato portapacchi e borse varie ed è partita alla volta dell’Etna.
Nessun obiettivo economico o benefico alle spalle, ma solo una sconfinata passione per il viaggio: «È nato completamente a caso, parlando con alcuni miei amici. In vita mia avevo fatto giusto due o tre uscite da massimo 50 km, così sono partita completamente allo sbaraglio senza grande organizzazione, che non è mai stata il mio forte» spiega Giovanna.
La sua impresa, alla fine, è andata a compimento: è partita il 13 giugno ed è arrivata ai piedi dell’Etna il 22 luglio per la costa tirrenica, abbinando giorni di fatica in bicicletta ad altri di relax tra le molteplici bellezze del paese. Vittorio Veneto, Este, Bologna, Passo della Futa per superare gli Appennini, Firenze, Casale di Pari, Saturnia, Ansedonia, Montalto di Castro, Roma, Ardea, Terracina, Napoli, Salerno, Maratea, Tropea, Campo Calabro e Taormina sono solo alcune delle tante tappe fatte da Giovanna durante la sua avventura. Un vero e proprio Giro d’Italia: «In totale ho percorso 1900 km, per un totale di 21 tappe di circa 90 km ciascuna. Avrei aneddoti per ogni meta: dalle sofferenze in salita agli incontri con persone magnifiche, che spesso mi hanno spalleggiato fino ad arrivare a destinazione. In Toscana è stata una sofferenza con tutti quei saliscendi e 23 kg di attrezzatura da portarmi dietro. A Roma, poi, mi si è scaricato il cellulare sull'Aurelia, ero esausta e nessuno mi aiutava. A Napoli invece ho fatto la tappa più lunga, 140 km, mentre a Terracina ho rotto due raggi e ho dovuto farli riparare. Era interessante vedere come più si scendeva sotto Roma più i ciclisti scomparivano. Sicuramente non possiamo dire di essere un paese particolarmente bike friendly».
L’idea iniziale di Giovanna era quella di dormire in tenda, ma presto ha dovuto cambiare i suoi piani per i costi eccessivi dei campeggi e la poca sicurezza nell’accamparsi in modo più “wild”: «Alla fine mi sono affidata soprattutto all'app couchsurfing per trovare dove dormire, oppure al buon cuore della gente e di amici vari che ho sparsi per l'Italia ma che magari non sentivo da un sacco di tempo. Poi non avevo certo gli orari classici dei ciclisti: mi alzavo con calma e partivo verso le 11 di mattina. E spesso arrivavo a destinazione verso sera». Proprio la gentilezza degli italiani è quello che ha colpito più di tutto Giovanna: «Sono rimasta affascinata dal popolo del ciclismo, che mi ha sempre aiutata e trainata nei momenti di difficoltà. Ho trovato molti “angeli custodi”, come li chiamo io, che proprio quando stavo per mollare mi facevano la scia per diversi chilometri. Ma in generale mi ha colpito la gentilezza di tutti gli italiani. A me piace viaggiare da sola, ho fatto nove mesi in giro per il Sudamerica ed ero rimasta colpita dalla disponibilità verso lo straniero. Così ero curiosa di vedere se gli italiani si comportavano nella stessa maniera e devo dire che sono rimasta veramente felice di quanto ho visto».
Quello di Giovanna è un inno all’Italia e alla ricchezza personale che può dare un viaggio: «Un'avventura come questa ti insegna a rispettarti, a capire quali sono i tuoi limiti. Si assapora la libertà. E penso di aver dimostrato che se si vuole fare qualcosa, lo si può fare, anche se apparentemente non si è le persone più adatte». E adesso? «Mi godo la Sicilia per un po'. Poi magari torno su in bicicletta per la costa Adriatica...».