Sempre più frequente si sente parlare di competizioni ciclistiche on line. Volendo, ogni 15 minuti, sulle varie piattaforme parte una sfida. Basta inserirsi in un gruppo e si può gareggiare in modo virtuale, contro avversari situati in ogni parte del mondo, senza muoversi da casa.
La domanda che mi pongo è una. A queste gare può accedere chiunque e soprattutto senza un controllo medico preventivo? Non si correre il rischio di esagerare con gli sforzi attraverso l’utilizzo di questi strumenti? I cicloamatori spesso eccedono con slanci di agonismo, ignorando i propri limiti, alla caccia di super performance che a lungo andare diventano controproducenti, essendo il fisico sempre impegnato in sforzi massimali.
Ci aiuta a comprendere meglio queste dinamiche Andrea Morelli, responsabile del settore ciclismo di Mapei Sport e allenatore.
«Quando ti trovi on line è come essere in un videogame, di cui sono un fan, tra le altre cose. In questo caso un videogame particolare in cui il fisico è chiamato a sforzi importanti. Al nostro Centro abbiamo avuto un atleta che ha gareggiato in prove infrasettimanali. Sono sempre a tutta. Bisogna prestare attenzione al fatto che ti trovi in situazioni che possono essere pericolose per termoregolazione e sudorazione».
A questo punto Morelli spiega meglio il concetto.
«Capita che si svolgano allenamenti sui rulli in cui si procurano stress importanti al fisico. Solitamente lo si fa per abituarlo, in modo controllato, a condizioni particolari. Ad esempio per preparare una gara al caldo in Qatar».
Il problema nasce quando non vi è un certo pressapochismo nell’affrontare gli impegni.
«I cicloamatori lo fanno con divertimento e non hanno programmi di allenamento specifici con periodizzazioni. Un’attività indoor va dimensionata a un’ora o novanta minuti al massimo. Insomma… Si può fare ma va programmata perché il fai da te fa male».
Siamo diventati tutti autodidatti….
«Le persone tendono a fare le cose da sole. E’ il problema di tutti i settori: giornalisti, blogger, allenatore… Non dico che devi essere laureato in Scienze Motorie, ma tutti s’inventano coach. Penso che vi sia improvvisazione in genere come nei posizionamenti per bike fitting».
Torniamo al mondo virtuale…
«Ci sono clienti che hanno poco tempo a disposizione a cui preparo le tabelle e si allenano virtualmente. La cosa può funzionare».
Scusi se insisto con le gare virtuali, ma chi ci garantisce su questi atleti che esprimono grandi potenze e non siamo già nell’era degli ergometri dopati o dei misuratori taroccati?
«Questo non possiamo saperlo ma è un concetto che si lega molto alla mente umana e al desiderio di apparire».
Parlando di sostanza, come si tutela la salute di queste persone?
«Sicuramente ci vorrebbero prima i controlli d’idoneità fisica. Quando sei nel mondo virtuale crei un avatar, che dal punto di vista motivazionale ti dà delle forti spinte e ti trovi contro tutto il mondo, quindi sei portato a spingere moltissimo. Ritengo sia importante valutare la propria condizione fisica attraverso uno screening medico. Il rischio è andare in overtraining è reale. Arrivati a quel punto un soggetto deve essere fermato anche per mesi. Per completezza aggiungo che con certi stress si potrebbero avere anche problemi di salute generale, come collassi o, in casi più gravi, con il manifestarsi di patologie occulte».
Quanto valgono effettivamente questi atleti? Sono dei prototipi teorici che poi messi su strada esprimono lo stesso potenziale?
«Non si diventa un corridore facendo le gare on line. È un buon metodo di allenamento alternativo per chi abita in zone fredde, ad esempio. Il mercato videoludico degli esports cresce vertiginosamente. Si stimano 200 milioni di spettatori per un evento elettronico nel 2025. Gli sponsor stanno arrivando anche lì e la visibilità è pazzesca. Mischiare elettronico e fisico può diventare un modello del futuro. Si pagherà per competere con tanto di gadget e merchandising. Parliamo di un futuro non molto lontano con premi in denaro elettronico e reale».
Come è possibile formare un vero atleta allenandosi solamente indoor e virtualmente? Mancano i fondamentali del ciclismo, come il saper stare in sella.
«Da un altro punto di vista ti dico che per contro non ci sono pericoli di cadute. Ovviamente se sei un amante del ciclismo vero sai che ci sono tecniche, strategie, peso, vento, sofferenze.. cose che perdi nel virtuale. Gli algoritmi simulano tutto, ma certi dettagli no. Parliamo di un altro tipo di ciclismo. Comunque piuttosto che rimanere inattivo c’è chi sceglie di praticarlo. Da qui a deviare verso una competizione quotidiana ne passa… Dopo qualche giorno arriverebbero dolori muscolari e stanchezza cronica. Il fisico reclamerebbe uno stop».