Sai, Clodomiro, abbiamo aspettato il secondo giovedì di questo febbraio, ed il primo sole inatteso del pomeriggio, per scrivere alfine di te e del tuo libriccino su Landi: Antonio Landi, 'buon passista ed ottimo scalatore', 70 vittorie in carriera, dal '48 al '62, ciclista per amore e per talento. «70 vittorie a pane e acqua - Antonio Landi il campione proletario del Sud che rinasceva», già, di Clodomiro Tarsia, pubblicato tanti mesi fa. Abbiamo aspettato tanto colpevolmente, ma credi davvero che ci sia tanto spazio su pagina e in vita pure per noi?, che davvero gennaio e la stagione morta cominciassero a farsi da parte, ed il tintinnio delle corse a dare segno di sé, sia pure dai timidi squilli delle corse dell' Australia e della riviera francese e della Vuelta Valenciana....
Abbiamo aspettato la voglia di 'Sanremo' - non il Festival, bravo però Cristicchi, ma quasi la 'classicissima' di apertura, la Milano-Sanremo - , perché queste tue pagine dedicate ad Antonio Landi, il ciclista salernitano, di Pellezzano, portacolori della indimenticabile 'Baratta' di Battipaglia, protagonista di uno sport amato dai ragazzi di strada e dalla provincia, in quella stagione dolce a cavallo degli anni '50, meritano la vergine carezza della primavera. E della primavera che arriverà ancora hanno la freschezza irredenta, il primato del sole.
Antonio Landi, classe di acciaio 1930, è attore - primo ma anche secondo ma anche piazzato, e non conta più la gerarchia, a riassaporare una siffatta devozione di sport - di queste pagine intriganti, profondamente salernitane, scorre l’Irno, dai ritagli commoventi di stampa ad un corredo fotografico personale, assemblate con l’ affetto tuo e del figlio Giovanni Landi ed arricchito di testimonianze preziose, come il ricordo dedicato del ragionier Luigi Ferioli, l'anima della 'Baratta'.
Ed è Landi l'interprete - a declamazione stentorea, non solo di sprint in sprint, di fuga in fuga - di una epica campana del ciclismo che ci suggerisce in parallelo emozione e nostalgia. (Come è cambiato, in peggio, Clodomiro, tu che il Giro della Campania l’ hai visto, come me, tanto nel ‘55 alll’ Arenaccia quanto ad Agropoli, in un sequel piovoso del 2000, il tempo e lo sport...).
Landi è qui la voce solista di una 'band' senza eguali sentimentali, per vigore agonistico e lealtà di sport e di vita, dove recitano tuttora Alberto Marzaioli e Michele Tufano, Luigi Mastroianni e Raffaele Pettine, il caro Antonio Minieri e Giuseppe Mauso, il campione dichiarato, Arcangelo Bove e Mario Acconcia, Angelo Damiano e Raffaele Novara...
In quel ciclismo di regione, in anni di primo dopoguerra in cui il viaggio e le comunicazioni non avevano i tempi e le modalità di oggi tantomeno per i ciclisti, dove pure apparivano negli ordini di arrivo corridori di altre terre, forti e di futuro, come Vito Taccone e Carlo Brugnami, Trapè e Bonariva...
In quel ciclismo che in Campania non era una rarità numismatica, dove Ponticelli era provincia e non periferia, dove ogni santo patrono, anche a Piedimonte di Sessa, meritava dal cielo per la sua Festa una corsa ciclistica. In quel ciclismo di Coppa Giampietro e di Coppa Laudiero, di Internaples e Coppa Lepori, di 'Prima Coppa Bar Luisa' e di Coppa Fiamma, di Coppa de 'Il Mattino' e Gran Premio di Apertura, di inseguimento su pista all' Arenaccia e di Coppa Italia a cronometro a squadre...
In quel ciclismo dalla infanzia al cuore, che Antonio Landi dalle pagine rosa del supplemento sportivo de 'Il Mattino' del lunedì, grazie a te Clodomiro che incredibilmente non ci sei più da un mercoledì fa (o sarà una bugia?) ci avrebbe tenuto - senza mai saperlo, se non ora, da un altro estremo quarto di secolo - a nuovo battesimo. (E perdonami se ho perso la volata del ricordo, caro Clodomiro, mi leggerai meglio dove sei dall’alto, e per distacco).