C’è la Littorina Autarchica: del 1938, italiana, dal telaio curvilineo in legno e alluminio fino alla catena e al carter. C’è la Colnago Master: del 1986, creata su misura per Eros Poli, quasi due metri in altezza, versione record dell’ora, la ruota anteriore più piccola, il telaio sbilancio in avanti. C’è la W.&R. Baines International TT: del 1940, il tubo orizzontale che continua oltre quello verticale, il reggisella montato all’estremità, un corto tubo sella saldato a due sottili tubi obliqui.
E ci sono altre 47 delle 200 biciclette della collezione Carosini, tre generazioni di appassionati e poi restauratori di piccole regine a due pedali (ma attenzione: anche a quattro!), capolavori selezionati per “Raggi di design” (Ediciclo, 160 pagine, 29,90 euro, con le prefazioni di Alex Terzariol e Claudio Gregori). E’ un libro dei sogni diventati realtà. E’ un libro elegante come la Trussardi del 1981, cittadina, pieghevole, stilistica. E’ un libro sorprendente come la Allsop Softride del 1991, in cui la sella è scollegata dal telaio e sospesa attraverso una struttura “a sandwich” orizzontale. E’ un libro doppio come la Gomier Social Tandem del 1988, in cui si pedala fianco e fianco, ma solo se i due ciclisti più o meno hanno lo stesso peso, altrimenti si sbilanciano e rischiano.
La bicicletta è libertà e autonomia, è filastrocca e poesia, è lenta velocità e veloce lentezza, è una voce del silenzio, è tutte le voci del verbo andare. Può anche essere un’opera d’arte, e non solo d’artigiano. I Carosini sono stati sedotti, e promettono di farlo, con queste bellezze studiate e lubrificate. Come la Bsa Paratrooper del 1942, impiegata durante la Seconda guerra mondiale durante lo sbarco in Normandia, anch’essa pieghevole e con i pedali a forma di perno per ridurre l’ingombro. Come la Olympia Extra del 1940, milanese di Porta Romana, freni a bacchetta nel modello a tenaglia, sella molleggiata, cambio integrato al mozzo posteriore.
“Questo libro – scrive Gregori – ci dice che la civiltà della bicicletta va avanti. Trasmuta”. Avanti con la Aluetta, acronimo di ALUminium e biciclETTA, del 1986, il telaio a due semigusci, destinata (ma non accadde) al primo bike sharing a Milano. Avanti con la Pedersen Jesper Solling, del 1980, il telaio ispirato a un vecchio ponte ferroviario, la sella sospesa come se fosse un’amaca. Avanti, ma anche indietro, con la Hirondelle Retro Direct del 1925, con un doppio rapporto di trasmissione per poter pedalare avanti e, appunto, anche indietro.