E compie il 20 di questo ottobre 60 anni, sessanta autunni ma hanno per lui la levità delle primavere, la storica vittoria nel tandem alle Olimpiadi di Tokyo, per il nostro Angelo Damiano. 60 anni, eravamo ragazzini e siamo nonni, dal trionfo in quella spettacolare disciplina del ciclismo su pista che Damiano - il ragazzo di Barra, nato il 30 settembre del ‘38 e come tale il meno giovane dei campioni olimpici campani - vinse in coppia con il padovano Sergio Bianchetto.
Già, il tandem, mica un gelato prelibato del tempo venturo, ma quella specialità emozionante simbiosi di potenza ed equilibrio di due atleti dai garretti di acciaio su una bici condivisa, che dopo il '68 a Monaco, fra l' altro, alle Olimpiadi non avrebbe più avuto cittadinanza.
Ed Angelo Damiano è qui, il fisico impareggiabile e devoto di chi alla specialissima non rinuncia mai, se non quando piove di brutto, qui con la grinta e la memoria di quella avventura… «Sai, la cosa più incredibile che è restata viva a me, come a Bianchetto ovviamente, di quel capolavoro, fu la grandissima fatica che ci costò: pensa, i quarti di finale, le semifinali e la finale, tutte e tre le prove le dovemmo disputare al velodromo scoperto Hankooji in una stessa giornata, per il cattivo tempo in agguato. E per giunta, tanto contro i tedeschi Fuggerer-Kobusch in semifinale, come contro i sovietici Bodnieks-Logunov in finale, fummo costretti alla bella, avendo perso la prima volata….».
Angelo Damiano, ed è la peripezia, anzi la parabola, di un ciclista partenopeo su strada che negli ultimi anni ‘50 dalla Eldorado di Casavatore, dalla Internaples di Napoli, dalla Baratta di Salerno, viene selezionato per uno stage nazionale a Ferrara, e poi si impone su pista, nella fucina mitica della Ciclisti Padovani, sotto l’ ala del Ct Guido Costa. Era la stagione eclatante di Maspes e Gaiardoni, di Pettenella e Gasparella, i totem della pista, ma nel ‘63 al Vel d’ Hiv a Parigi, ad imporsi fra i ‘puri’ fu incredibilmente proprio il nostro Angelo Damiano,
E quel ‘64 olimpico sarebbe venuto dopo un oro niente affatto minore, ci ricorda Angelo, quello nella velocità ai Giochi del Mediterraneo, a Napoli, nel settembre 1963. «Ma sai la pelle d’oca, quel giorno, a battere in finale Turrini sull’Arenaccia, con la gente del quartiere e della Ferrovia che ti osannava, che batticuore vincente...».
Ed Angelo ci spolvera ancora la memoria, 86 anni e lucida ben più del nostro affetto scrivano, del bronzo ad Amsterdam da professionista nel ‘70 - «quel giorno Antonio Maspes non scese neppure in pista, per pudore…», alla Sei Giorni in Canada con Vito Taccone, «ci ingaggiò Derksen, il patron della pista nel mondo per fare felici gli emigrati nostri a Montreal, ci sentimmo io e Vito depositari di tanto laborioso amore’»... E il ritaglio sulla ‘rosea’ del nostro amico Rino Negri «qui, con Damiano, la classe non è acqua».
Ed onoriamo i 60 anni dal suo trionfo del ‘64, e diamo luce al suo intimo segreto, «sai,quell’ oro era destinato ed obbligato, era il premio necessario per poter sposare a dicembre la mia promessa fidanzata Annita».
Ed intanto infine, si fa tardi con l’intervista e gli occhi lucidi, e poi domani per Angelo è il puntuale nuovo giorno di bicicletta. A giorni alterni, come un elisir, la dose di 80 chilometri, controllate il percorso, forse Strava, niente scorciatoie, con il fratellino Pasquale compagno a scambiarsi le frenate, con il cuore sempre in pista. Il benessere è a due ruote senza motore, «io mi sarò pure accorciato in altezza, lo so, ma la mia vita si è allungata così ogni settimana’» attento agli invasati dei turbo diesel, fra Casalvelino e Paestum, Maratea e Roccamonfina, viva il verde, via dalla città roboante che è il cappio ai sentimenti e ai sogni, aria pulita fuori porta, non più un filo di grasso. «Ma non correre troppo sulla via», come gli raccomanda sempre di buon mattino Annita. La pista è lontana e vicina, Angelo, e felice tuttavia.
da Il Mattino