Nel 2005 c'erano giusto un paio di corridori polacchi nell'allora ProTour: Szmyd in Lampre Caffita e Baranowski in Liberty Seguros. Il futuro iridato Kwiatkowski era ancora Allievo e la città slesiana di Katowice accoglieva un suo nuovo figlio, che sarebbe stato destinato a pedali e due ruote: Filip Gruszczynski.
Diciannove anni e mezzo più tardi, nel World Tour i polacchi sono otto: uno di loro è il velocista Stanislaw Aniolkowski della Cofidis, che fra poco peraltro parteciperà alla gara olimpica al posto del dolorante Kwiato. Aniolkowski nei tre mesi finali della stagione potrà fare da fratello maggiore a un giovane e assai promettente stagista, che ha caratteristiche opposte alle sue ma ha la stessa nazionalità: quel Gruszczynski citato qualche riga sopra e di cui vi abbiamo parlato abbondantemente QUI nella notizia relativa ai colpi di mercato della Cofidis.
Ieri Filip si è presentato fresco di 6° posto alla Bassano Montegrappa (sua ultima gara in Biesse Carrera? Lo stage ce lo dirà...) e di taglio di capelli, come a volersi presentare "sistemato" al primo giorno di scuola. Dopo aver effettuato le foto di rito con la nuova maglia, nella sede italiana della società creditizia francese all'Ortica di Milano, ha risposto alle nostre domande con un inglese degno di un atleta internazionale già avvezzo alle interviste.
Partiamo, banalmente ma significativamente, sulle sensazioni che provi a poterti mettere alla prova col professionismo senza aver neanche terminato il primo anno U23...
«Un'opportunità davvero importante che sono felicissimo di avere già così giovane. Non sono ed è altrettanto fondamentale seguire il percorso di crescita giusto per me, ma intanto non vedo l'ora di esordire fra dieci giorni al Tour du Limousin!»
Non sei Tadej o Remco, ma parlando puramente di caratteristiche al di là ovviamente del valore e del livello di corridore, ti collochi in mezzo a loro?
«Sono sicuramente uno scalatore e sono a mio agio sia sulle lunghe salite che nelle corse a tappe: ho grande resistenza e vado bene a cronometro.»
Quando hai cominciato ad andare in bici?
«A 6 anni, seguendo mio papà che andava a correre le MTB marathon. Per un paio d'anni ho pedalato tanto insieme a lui sugli sterrati per gioco, poi abbiamo reso il ciclismo il mio sport "ufficiale" e ho iniziato la trafila con varie società del mio Paese, l'ultima delle quali la Gliwice al primo anno Juniores.»
Dopodiché due stagioni in Italia: la seconda Juniores nell'Energy Team e questa in una Continental di sempre maggior spessore come la Biesse Carrera, come ti trovi?
«Un'esperienza eccezionale poter lasciare casa mia e trasferirmi appena diciassettenne in uno dei territori di maggior tradizione ciclistica. L'Italia mi piace moltissimo ed è stato prezioso per la mia crescita misurarmi col ciclismo italiano: c'è una grossa differenza col livello delle gare in Polonia! E nel team di Milesi e Nicoletti (con me nella fotografia insieme a Roberto Damiani) poi si sta benissimo, loro e lo staff sono competenti e di supporto per creare l'alchimia perfetta.»
Quando è entrata in scena la Cofidis?
«Al Giro di Slovacchia a fine giugno, la prima gara 2.1 a cui abbia partecipato. I miei direttori sportivi mi hanno detto che la squadra francese era in cerca di uno stagista con le mie caratteristiche e, dato che era anch'essa tra le formazioni al via, mi avrebbero osservato. Ammetto di aver sentito un po' di pressione durante tutte le 5 giornate slovacche, ma è andata bene ed eccomi qua!»
Felice di trovare pure un esperto polacco come Aniolkowski?
«Naturalmente, sempre bello in un ambiente "estero" trovare qualcuno con cui parli la stessa lingua. All'inizio della mia esperienza da stagista abbiamo un calendario differente, spero di poter correre almeno una gara insieme a lui più avanti.»
A proposito di lingua, come va con l'italiano?
«Abbastanza bene, riesco a comunicare con staff e compagni.»
Iniziare a praticare ciclismo in mountain bike pensi sia stato un fattore determinante per il ciclista che sei oggi?
«Mi ha insegnato subito una buona tecnica in bici che mi sono portato subito con me nelle prime esperienze su strada. Quello per gli sterrati è un amore che non ho abbandonato del tutto, dato che a volte mi cimento ancora nel ciclocross in inverno. A ciò va aggiunto che da piccolo ho fatto pure triathlon: oltre a pedalare nuotavo e correvo, penso che questo abbia giocato un ruolo chiave nel mio sviluppo atletico. Mi sono formato su più ambiti motori, poi mi sono specializzato.»
Il tuo idolo ciclistico?
«Julian Alaphilippe, adoro il suo modo di correre.»
Quali sono stati gli "highlights" della tua giovanissima carriera?
«Ho conseguito parecchie vittorie e top-10 ma mi piace menzionare il 12° posto all'Orlen Nations Grand Prix, allestito nel mio Paese dagli stessi organizzatori del Giro di Polonia, a maggio: non me l'aspettavo proprio! Ancor più recente è il 5° posto nella seconda frazione del Giro della Val d'Aosta: ero partito con ambizioni di classifica ma ero caduto il primo giorno, allora mi sono concentrato sulle singole tappe. Ho centrato quel buon piazzamento e poi ho risalito la generale fino alla 22^ posizione, è stata una piccola soddisfazione.»
E cosa sogni come "highlights" per il tuo futuro?
«In primis entrare in pianta stabile in una squadra professionistica, quindi riuscire a mettere in mostra delle qualità tali da essere confermato dalla Cofidis a fine stage. Dopodiché il mio più grande desiderio è forse quello di partecipare al Tour de France. Mi basterebbe già il grand départ...»